Diego®
2015-06-13 21:58:26 UTC
[autore : G.Rosato]
Le origini e l’evoluzione dei veicoli a trazione integrale sono legate
inevitabilmente
alla storia dell’intera mobilità a motore che, fin dalla seconda metà del
XIX secolo, ha caratterizzato gli albori della moderna era industriale.
Non c’è da stupirsi quindi che i primi, seppur alquanto rudimentali,
sistemi di
trazione integrale, siano apparsi sui treni prima ancora che
l’automobile fosse inventata.
I primi tentativi di cui si hanno notizia risalgono addirittura al 1824
quando
due inglesi, Timothy Burstali e John Jill, costruirono una carrozza a
vapore a
quattro ruote motrici. Questo veicolo, dal peso complessivo di circa 7
tonnellate
e in grado di raggiungere una velocità massima di poco superiore ai 35 Kmh.,
venne sottoposta ad una serie di numerosi test tra il 1826 e il 1827.
Nessun problema
fu riscontrato nel corso delle prove su rotaia, ma il progetto venne ben
presto abbandonato nel 1827 in seguito all’esplosione di una caldaia.
Molti anni dopo dall’altra parte dell’oceano l’americano Emmett Bandelier,
un agricoltore dell’Indiana con particolari attitudini per la meccanica,
progettò
un motore a vapore per un veicolo a quattro ruote motrici (1883) che avrebbe
dovuto equipaggiare i mezzi utilizzati nelle maggiori fattorie della
zona. Questo
motore conteneva numerose soluzioni tecniche altamente innovative per
l’epoca, ma il suo ideatore non riuscì purtroppo a ricavarne un
prototipo funzionante.
L’agricoltore dell’Indiana lasciò cadere il brevetto verso la fine del
1883 e alcuni anni dopo Henry Ford utilizzò alcune delle soluzioni
tecniche di Bandelier nella produzione
delle sue prime automobili.
Il primo veicolo a trazione integrale della storia è una 4x4 elettrica
realizzata tra la fine del secolo scorso e
l’inizio del ‘900 dall’austriaca Lohner in collaborazione con un
giovanissimo tecnico che rispondeva al nome di
Ferdinand Porsche. Era il 1898 quando la Lohner (azienda leader in
Europa nella costruzione di carrozze che, a Lohner-Porsche 4x4 partire
dal 1896, si specializza nella produzione di automobili elettriche)
assume il giovane Porsche, allora ventiquattrenne,
per affidargli un ambizioso progetto destinato alla realizzazione di una
4x4 elettrica. Il 19 settembre del 1900 la Lohner-Porsche 4x4 è pronta e
viene consegnata
ad un facoltoso cliente inglese. Questa vettura (battezzata “La Toujours
Contente”), con carrozzeria scoperta a 4 posti, era equipaggiata in
pratica di un
motore per ogni ruota e disponeva di una serie di accumulatori (situati
al centro
del veicolo) il cui peso complessivo sfiorava i 1.800 Kg. che
sviluppavano una potenza,
notevole per l’epoca, di 100 CV. Dopo i primi entusiasmanti test, la vettura
venne ampiamente modificata nel tentativo di battere il record mondiale
di velocità
(105.12 Kmh.) conquistato in Francia, ma riuscì a raggiungere soltanto
gli 80
Kmh.
Tre anni più tardi, al Salone di Parigi del 1903, debutta invece l’olandese
Spyker 50 HP, la prima vettura da competizione a quattro ruote motrici
con motore
a benzina; dotata di trazione integrale permanente e differenziale centrale,
la Spyker 50 HP era equipaggiata con un propulsore a 6 cilindri in linea
di 8.681
cc. (50 CV a 1.400 giri al minuto, 75 Kmh.), raffreddato tramite due
radiatori a
“V”; la trasmissione era assicurata da un albero cardanico collegato
direttamente
alla scatola del cambio da dove, tramite due alberi di trasmissione,
veniva trasferito
il moto ai due differenziali.
Negli stessi anni negli Stati Uniti un altro costruttore, Charles Cotta di
Rockford (Illinois) sviluppò un veicolo equipaggiato con un motore a vapore
che, grazie ad un sistema di trasmissione a catena, riusciva a
distribuire la
trazione su tutte e quattro le ruote. Non esistono dati sul numero di
veicoli
costruiti da Cotta che nel primo anno di produzione (1902) pubblicizzò
la sua
vettura anche sulla più famosa rivista dell’epoca (Automobile Trade
Journal).
L’anno successivo Cotta vendette il progetto e il brevetto della sua auto
(considerata a tutti gli effetti come la prima 4x4 americana) alla
Milwuakee Four-Wheel Drive Wagon Company che costruì una piccola serie
di auto e camion 4x4 fino al 1907.
Sempre nell’ambito dei camion 4x4 un’altra azienda americana, la Couple
Gear Freight Company di Grand Rapids (Michigan) avviò nel 1904 la produzione
di camion elettrici a quattro ruote motrici e sterzanti; la gamma
completa era basata
su tre modelli (da 1, 2 e 5 tonnellata come capacità di carico) la cui
velocità
massima era compresa tra i 10 i 13 Kmh.
Nello stesso anno anche in Europa iniziano ad apparire i primi modelli
di camion
a quattro ruote motrici quando la Austro-Daimler (divisione austriaca della
German Daimler Company, antesignana della Daimler-Chrysler) costruì una
linea
di camion 4x4 di media e alta portata destinata alle forze armate; il
telaio e
la meccanica di questi veicoli verranno successivamente utilizzati per
la realizzazione
dei futuri mezzi blindati destinati all’Esercito Austriaco.
In alcuni casi tuttavia la realizzazione di veicoli a trazione integrale
rimase
confinata alla fase di prototipo, come avvenne per quello costruito nel
1905 da
Charles Van Winkle di San Joachin (California); si trattava di una
piccola 4x4 da
turismo il cui progetto venne ceduto ad un’azienda di recente
costituzione (la
Stockton Four Drive Auto Company) che abbandonò l’idea prima ancora di
avviare
la produzione.
Una sorte analoga toccò anche al camion sperimentale a quattro ruote
motrici e
sterzanti realizzato nel 1906 dalla American Motor Truck Company,
sebbene il prototipo
venne utilizzato in seguito (1911) dalla stessa azienda per avviare una
produzione
limitata di camion 4x4 di varia portata (1, 2, 3, 5 e 10 tonn.)
disponibili con motori
a 2 e 4 cilindri.
Ad un’altra azienda americana, la Duplex Power Car Company, si deve la
realizzazione
di quello che viene considerato come il primo veicolo commerciale 4x4,
realizzato nel 1908; questo mezzo, denominato “Model B”, era un piccolo
camioncino
(3/4 tonn.) che restò in produzione per due anni, prima di essere sostituito
dalla nuova versione (1913).
Ancora la Mercedes, nel 1907, costruì una serie limitata di una piccola
4x4 a
quattro ruote sterzanti, destinata alle amministrazioni coloniali
stanziate in Africa
orientale; questo veicolo, molto spartano nell’allestimento e completamente
diverso dalle auto Mercedes fino ad allora cotruite, era equipaggiato
con un motore
a benzina che sviluppava 45 CV.
Nel 1908 si verifica negli Stati Uniti un evento che ha grande risonanza
anche
sul Vecchio Continente, noto nelle cronache della storia del fuoristrada
come lo
“sfondamento americano”. Due macchinisti del Wisconsin, Otto Zachow e
William
Besserdich, costruirono un veicolo a quattro ruote motrici che segnò il
debutto
della prima scatola dello sterzo integrata direttamente nell’assale
anteriore.
I primi test iniziarono nell’ottobre dello stesso anno ed evidenziarono
sorprendenti
prestazioni nell’utilizzo off-road, e il nuovo fuoristrada riuscì a superare
i terreni più accidentati nei pressi di Clintonville (Wisconsin)
attraverso i quali
nessun veicolo a motore allora in circolazione riusciva ad avventurarsi
La nuova versione (1909) del fuoristrada creato da Zachow e Besserdich
risultò
ulteriormente perfezionata rispetto al modello precedente, suscitando un
crescente
clamore negli ambienti automobilistici americani. Grazie al potente motore
a 4 cilindri, in grado di erogare 45 cavalli, questo veicolo
rappresentava la
massima espressione tecnologica in fatto di prestazioni
fuoristradistiche per una
4x4. A tale proposito venne battezzata affettuosamente “Battleship” (nave da
guerra) poiché niente riusciva a fermarla nel corso delle prove
effettuate nelle
proibitive condizioni ambientali intorno a Clintonville. In seguito i
due macchinisti-
costruttori si associarono con la Badger Four Wheel Drive Auto Company,
sperando di offrire all’America un’auto 4x4 adatta a muoversi in ogni
tipo di terreno
con qualsiasi condizione di tempo. La Badger iniziò la regolare produzione
di veicoli e con l’entrata nel gruppo di Walter A. Olen, un avvocato di
Clintonville
che assunse il comando della compagnia, mutò il nome dapprima in Four
Wheel Drive Auto Company (1910) e in seguito semplicemente in FWD. Le
prestazioni
del FWD 4x4 erano talmente elevate rispetto alla concorrenza che la Casa
costruttrice offriva un premio di 1.000 dollari (una cifra ragguardevole per
quei tempi) a qualsiasi auto che fosse riuscita a seguire una Battleship
attraverso
il percorso off-road di prova per almeno 15 minuti; centinaia di auto si
cimentarono
nell’impresa, ma nessuna riuscì a star dietro alla “nave da guerra” di
Zachow e Besserdich.
Dopo aver prodotto soltanto sette auto da turismo a quattro ruote
motrici, la
FWD si rese conto che il mercato non era ancora pronto ad accogliere un
veicolo
del genere, constatando tuttavia che i tempi erano maturi per il mercato dei
camion 4x4.
Ben presto alla FWD iniziarono a prendere in considerazione l’idea di
entrare
in questo settore, soprattutto dopo la richiesta dell’Esercito Americano
(che all’epoca
aveva una flotta di 12 camion) di effettuare una serie di test impegnativi
su percorsi off-road con la Battleship.
I vertici dell’Esercito avevano alcune riserve in merito alle capacità
di carico del
veicolo, ma avviarono lo stesso le prove per valutare la fattibilità del
progetto.
L’Esercito acquistò una FWD 4x4 e, dopo i test di guida in condizioni
ambientali
esasperate, effettuò alcune modifiche alla carrozzeria: al veicolo venne
tagliata
la parte posteriore dell’abitacolo, trasformandolo in pratica in un pick-up
con l’aggiunta di un ampio pianale di carico. Era nato lo Scout Car 4x4,
un autocarro
leggero a trazione integrale in grado di assicurare una capacità di
carico di
una tonnellata e mezza. All’inizio del 1912 lo Scout Car venne
sottoposto ad una
serie di prove per otto settimane consecutive, nel corso delle quali
percorse circa
2.500 chilometri superando con un ampio margine, soprattutto nel traino
degli
armamenti attraverso le pozze di fango, gli altri tre veicoli
selezionati per i test.
Dopo il successo dei test effettuati presso l’Esercito Americano, la FWD
debutta
nel 1912 con il primo vero modello di camion 4x4 di 3 tonnellate che si
candidava
a consolidare ulteriormente la fama conquistata nell’ambiente militare.
Questo obiettivo venne raggiunto con la partecipazione ad alcune manovre
militari con una flotta di 12 camion 4x4 (tra cui anche alcuni FWD Scout
Car) che seguì
una missione della Guardia Nazionale da Dubuque, nello Iowa, fino a Sparta
(Wisconsin).
Il successo dei camion fuoristrada della FWD è legato in parte anche a
quella
tendenza che caratterizza l’intero mercato automobilistico nel primo
decennio
del secolo scorso quando, con l’approssimarsi del primo conflitto
mondiale, la
produzione di automobili evidenziò una netta flessione (intorno al 1910)
a favore
di quella dei camion.
Tra le numerose aziende che adeguarono la produzione verso i mezzi pesanti
vi fu anche la Walter Automobile Company (fondata a New York nel 1902),
apprezzata
per le sue berline di lusso (famosa la Walmobile, prodotta fino al 1909),
che realizzò il primo camion 4x4 nel 1911 dopo aver mutato la ragione
sociale in
Walter Motor Truck.
Nel 1913 un’altra azienda americana, la Thomas B. Jeffery Company esordì
con un prototipo di camion 4x4 (2 tonn.) a quattro ruote sterzanti,
battezzato
“Quad”, entrato regolarmente in produzione a partire dal 1914. Con lo
scoppio
della Prima Guerra mondiale, appena innescata in Europa, questo veicolo
venne
subito “arruolato” presso gli eserciti russi, inglesi e francesi, dove
si comportò altrettanto
bene come in quello americano. Nel 1916 l’azienda venne ceduta alla
Nash Company e il Quad assunse la denominazione di Nash Quad.
Il nuovo camion venne costruito e venduto in un gran numero di esemplari
durante la Prima Guerra mondiale, ma le vendite iniziarono ad
affievolirsi progressivamente
a partire dal 1919 fino a quando, nel 1928, il Nash Quad uscì di
produzione.
Da ricordare nel 1914 l’apparizione del camion Renault EG, che segnò
l’ingresso
della Casa francese nel settore dei veicoli a trazione integrale; si
trattava
di un grosso e pesante camion destinato al trasporto di cannoni,
equipaggiato
con un motore da 7.2 lt. in grado di sviluppare 45 CV e una velocità
massima di
15 chilometri orari. Oltre alle quattro ruote motrici, ognuna delle
quali sterzanti,
disponeva di ruote gemellate che assicuravano una notevole motricità su
qualsiasi
tipo di terreno.
Nel 1915 la General Motors Truck costruì un prototipo sperimentale di un
camion
4x4 da 2 tonnellate che non entrò in produzione prima della metà degli anni
Trenta, mentre due anni più tardi la Oshkosh Motor Company (azienda creata
da alcuni soci del Wisconsin Duplex e della FWD) realizzò un nuovo prototipo
di camion 4x4 battezzato Old Betsy. Questo veicolo, caratterizzato da un
innovativo
design, pneumatici speciali e differenziale centrale autobloccante, era
disponibile
nelle versioni da 1 a 3 tonnellate. Il modello di serie, chiamato Model
A, entrò in produzione nel 1918 e all’epoca rappresentava il più
avanzato camion
4x4 esistente al mondo.
Quattro anni dopo arriva sul mercato americano un’altra azienda
automobilistica,
la American Coleman di Littleton (Colorado), che produce il primo camion
4x4 nel 1925. Specializzata soprattutto in veicoli a trazione integrale
di grossaportata, la Coleman entrò nel mercato dei fuoristrada leggeri
nel 1947 con un
veicolo derivato da un Chevy trasformato in un 4x4; la produzione di
fuoristrada
cessò nel 1956 e nel 1986 la Coleman si ritirò dal mercato.
Anche la popolarissima Ford T ha avuto (1923) una versione a quattro ruote
motrici, realizzata grazie a uno speciale kit di trasformazione messo a
punto da
una piccola azienda americana.
Tra le aziende europee, una delle prime a scendere in campo nel settore del
trasporto pesante a trazione integrale fu la Citroen (da sempre
all’avanguardia
in fatto di tecnologie innovative in campo automobilistico) che, agli
inizi degli
anni Venti, realizza il semicingolato Kegresse. Questo veicolo, a metà
strada tra
un’automobile e un carro militare, era caratterizzato da una struttura
ibrida che
vedeva l’adozione di due grossi cingoli nel retrotreno abbinati ad un
tradizionale
avantreno a ruote sterzanti.
Dotato di una motricità impressionante in qualsiasi condizione
ambientale, il
semicingolato Kegresse si impone ben presto anche nel settore dell’avventura
portando a termine quattro importanti spedizioni che segneranno una
pietra miliare
nella storia dell’esplorazione automobilistica: dopo aver concluso la prima
traversata sahariana (1922-23), il fuoristrada della Citroen percorre
tutta l’Africa,
da Algeri fino al Madagascar (“crociera nera”, 1924-25), l’Asia Centrale
(“crociera
gialla”, 1931-32) e l’Alaska (“crociera bianca”, 1934).
Nel frattempo negli stessi anni in Francia è ancora la Renault a mettere
a punto
un progetto per un veicolo espressamente progettato per l’utilizzo in
fuoristrada,
battezzato Six 10 CV, che dopo aver superato brillantemente una serie di
severi test di collaudo viene avviato alla produzione di serie; anche in
questo caso si tratta di un mezzo particolare (ancora lontano dai
fuoristrada tradizionali),
dotato di tre assi sui quali veniva adottato lo schema di trazione 6x4
(sei ruote di
cui 4 motrici). Negli anni successivi (a partire dal 1923) viene
sviluppata un’ulteriore
versione, battezzata MH, che nelle intenzioni della Renault doveva
rappresentare
la risposta alla “crociera nera” della Citroen; per qualche tempo i camion
Renault a 3 assi, adeguatamente attrezzati per il deserto, portarono in
giro in
lungo e in largo per le piste sahariane i facoltosi viaggiatori
provenienti da ogni
angolo dell’Europa.
A poco a poco la tipologia dei veicoli a trazione integrale inizia a
diffondersi
anche in altri paesi europei e, tra questi, è soprattutto la Germania
(grazie anche
alla collaborazione con l’austriaca Steyer e la cecoslovacca Tatra) ad
acquisire velocemente
le tecnologie più avanzate dell’epoca.
Nel 1922 la Mercedes-Benz avvia la produzione di fuoristrada leggeri
destinati
alle forze armate con il modello Gelandewagen 1 (G1), allestito su un
telaio molto
robusto a tre assi di cui due motrici (4x6); seguirono diversi altri
modelli fino
all’abbandono della gamma con il G4, una versione 6x6 ancora più potente
prodotta
in una serie molto limitata (57 modelli in tutto) destinata ad alcuni
alti ufficiali
del III Reich tra cui lo stesso Hitler.
Della Mercedes G4 vennero realizzate due versioni: una a 6 ruote motrici
e una,
la più diffusa, con trazione solo sui due assi posteriori; lunga
complessivamente
5.4 metri, alta 1.8 e larga 1.89, la G4 era equipaggiata con un motore a
8 cilindri
in linea di 5.019 cc. che erogava una potenza massima di 100 CV a 3.400
giri, cambio
a 4 velocità e differenziali bloccabili. Per quanto riguarda le
prestazioni, la
Mercedes G4 a 3 assi si disimpegnava con una certa disinvoltura sui
percorsi offroad
non particolarmente impegnativi (grazie all’altezza minima da terra di 23.3
cm.), mentre su strada consentiva di raggiungere una velocità massima di
65 Kmh.
con un consumo di 4 km./lt. (3 Km./lt. in fuoristrada).
Tra i 4x4 leggeri, uno dei veicoli che meglio di qualunque altro
esprimeva la
sintesi della più alta tecnologia dell’epoca fu senz’altro la BMW Typ
325, un fuoristrada a cinque porte con carrozzeria torpedo (soft-top)
destinata soprattutto
ad un utilizzo militare.
Il progetto iniziale, avviato nell’ambito di una più ampia
pianificazione militare
tesa a dotare le truppe della Wehrmacht di un veicolo da trasporto agile e
veloce, venne battezzato con la sigla “le.gl.Einch.Pkw.(4x4)”, acronimo
della denominazione
completa “leichter gelandeganging Einheits Personenkraftwagen
4x4” (auto fuoristrada leggera standardizzata a quattro ruote motrici).
Realizzato
in collaborazione con un’altra azienda tedesca (Stoewer), il primo prototipo
venne presentato nel 1936 e l’anno dopo la BWM (coadiuvata da una terza
azienda, la Hanomag) iniziò la produzione di serie della 325 che in
circa tre anni
venne prodotta in oltre 3.200 unità.
Il propulsore adottato per tutte le versioni era un 6 cilindri in linea
(2.000 cc. 50
CV a 3.759 giri/min.) in grado di fornire prestazioni molto brillanti;
dal punto di vista
fuoristradistico la BMW 325 era equipaggiata, oltre alle quattro ruote
sterzanti
(il volante poteva agire, a scelta, su 2 o 4 ruote), di trazione
integrale permanente,
sospensioni a ruote indipendenti e tre differenziali bloccabili.
Gli elevati costi di produzione si tradussero purtroppo anche in un
prezzo assai
elevato necessario per acquistare una BMW 325 che alla fine degli anni
Trenta
veniva a costare 6.000 marchi (circa il doppio di una Kubelwagen, venduta a
2.782 DM); ciò provocò una progressiva flessione nelle forniture
all’esercito tedesco
che ben presto, soprattutto nel corso della motorizzazione delle truppe
impegnate
nell’invasione della Russia, iniziò a sostituire la 325 con la più economica
Kubelwagen fino a quando (1940) la produzione venne definitivamente
abbandonata.
Sempre nel 1937 ritorna alla ribalta della produzione di 4x4 ancora una
volta
la Mercedes con la realizzazione della 35 che, oltre a rappresentare il
primo veicolo
a quattro ruote motrici prodotto dalla stella a tre punte, era dotata di
4 ruote
sterzanti con comando idraulico. Questo dispositivo assicurava alla Mercedes
35 una sorprendente versatilità anche nei passaggi più impegnativi,
evenienza
piuttosto ricorrente nel corso delle operazioni belliche cui era
destinata; equipaggiata
con un propulsore a 4 cilindri (2.000 cc., 50 CV a 2.500 giri/min.),
raggiungeva
una velocità max di 80 Kmh.
Il fiore all’occhiello della produzione tedesca alla vigilia del secondo
conflitto
mondiale rimane comunque la mitica Kubelwagen, caratterizzata dalla stessa
meccanica che equipaggerà alcuni anni dopo il famoso Maggiolino e una
carrozzeria
particolarmente spigolosa (da cui la denominazione kubel=tinozza). La
prima versione è ancora a due ruote motrici, ma ben presto verrà
introdotto anche
un modello a trazione integrale, affiancato successivamente da una
trasformazione
anfibia, la Schwimmwagen; anche quest’ultima, con carrozzeria chiusa
(simile alla struttura di uno scafo) ed elica retraibile, era dotata di
trazione integrale
inseribile, due differenziali bloccabili e una prima marcia ridotta,
molto corta,
che consentiva di superare pendenze fino al 60%.
La Schwimmwagen era equipaggiata con il tradizionale motore VW di 1.131
cc (25 CV) che consentiva una velocità massima di 80 Kmh. su strada,
mentre in acqua
(in condizioni di calma piatta e senza correnti) poteva raggiungere i 10
Kmh.
Tra il 1942 e il 1945 la Volkswagen produsse tuttavia anche una serie
limitata di
4x4 con la tradizionale carrozzeria del Maggiolino; questo modello,
opportunamente
modificato anche nelle sospensioni e nell’adozione di grossi pneumatici
tassellati,
era siglato con il numero 87 e venne costruito in 564 esemplari.
Tra il 1949 e il 1944 viene allestita in Francia una versione a quattro
ruote motrici
della Bugatti, denominata Tripper SG6/41; questo veicolo, costruito in circa
1.000 esemplari, era equipaggiato con motore Opel a sei cilindri o con
motore
Tatra a otto cilindri (SG7).
Nello stesso periodo all’altro capo del mondo, sul fronte asiatico, la
Mitsubishi
metteva in cantiere la PX 33 (riproposta in una versione remake verso la
metà
degli anni Ottanta, su telaio e meccanica del Pajero).
Sul fronte americano intanto, proprio a causa delle difficoltà emerse
durante
la guerra nell’ambito della movimentazione delle truppe e del trasporto
pesante,
si rafforza l’esigenza di poter disporre di un veicolo a quattro ruote
motrici che,
oltre a spiccate doti di versatilità e robustezza, fosse caratterizzato
anche da un
peso particolarmente contenuto in grado di assicurare un’estrema mobilità su
qualsiasi tipo di percorso e, non ultimo, risultasse aviotrasportabile
con relativa facilità. Fino ad allora i veicoli a quattro ruote motrici
realizzati in America erano
rappresentati in massima parte da camion 4x4 e, nonostante l’avvio della
produzione
di alcuni marchi (famosi i camion GMC e Dodge 4x4 costruiti tra il 1934 e il
1939) destinati ad un grande avvenire nel settore della mobilità a
trazione integrale,
si avvertiva l’esigenza di poter disporre di un fuoristrada leggero.
A tale scopo venne bandito un concorso dallo Stato Maggiore dell’Esercito
Americano per la realizzazione di un progetto dal quale sarebbe
scaturito un veicolo
con queste caratteristiche. Numerose furono le aziende contattate (135), ma
solo tre risposero all’appello e tra queste risultò vincitrice la Willys
Overland Inc.
che, nel 1940, presenta il primo prototipo della Jeep (che entrerà
ufficialmente
in produzione nel 1941), denominato MB, che riscuote immediatamente un
clamoroso
successo in tutto il mondo con ben 637.747 esemplari prodotti (359.851
dalla Willis e 227.896 dalla Ford, su licenza). Circa l’origine del nome
vi sono diverse
ipotesi che ancora oggi non mettono d’accordo tutti gli appassionati, ma
la più accreditata sembra essere quella che fa risalire la parola jeep
alla contrazione
dei vocaboli “general” e “purpose”, GP (traducibile approssimativamente
come “per tutti gli scopi”) utilizzati all’epoca della presentazione del
veicolo.
La Jeep era caratterizzata da una meccanica molto semplice (motore a 4
cilindri
di 2.199 cc., in grado di sviluppare 60 CV a 4.000 giri) e da un’estrema
versatilità, dimostrata dal successivo sviluppo di versioni
semi-cingolate, 6x6, anfibie e
corazzate, oltre al prototipo a 4 ruote sterzanti.
La versione anfibia, battezzata “Seep” (Seagoing Jeep) venne sviluppata
dalla
Marmon Herrington Co. in collaborazione con l’allora affermato studio
nautico
Sparkman & Stephens; lunga 4.65 metri e larga 1.6, la Seep pesava 1.500 Kg.
(540 in più della normale Jeep), poteva superare una pendenza massima
del 45%
e raggiungeva una velocità di 80 Kmh. su strada (8 Kmh. in acqua). La
sua produzione,
avviata nel 1942, prevedeva la realizzazione di 12.778 esemplari, ma
venne sospesa l’anno successivo quando erano state costruite circa 6.000
macchine.
La notevole pianificazione di motorizzazione militare avviata dagli
Stati Uniti
si estese tuttavia anche nel settore della produzione dei truck di 3/4
tonnellate
a trazione integrale che nel 1942 portò alla nascita della Beep, nota
anche come
la “Gippona”. Realizzata dalla Dodge Division della Chrysler Corporation
che,
in collaborazione con la Ford, aveva presentato il prototipo di un truck
da 3/4
tonnellate, la Beep era disponibile in diversi allestimenti di
carrozzeria (torpedo,
station wagon, pick-up, ambulanza, autobotte, etc.) e, a partire dal
1943, venne
introdotto anche un modello 6x6 (portata una tonnellata e mezza).
Entrambe le versioni erano equipaggiate con un motore a 6 cilindri di 3.786
cc. in grado di sviluppare 92 CV a 3.200 giri, con cambio a 4 velocità,
sospensioni
a balestre longitudinali e freni a tamburo; l’adozione del riduttore era
invece disponibile
solo sulla versione 6x6. Per i vertici dell’esercito a stelle e strisce
venne
inoltre allestita una speciale versione della Beep, denominata “Truck
Command”,
munita di verricello anteriore e in grado di superare una pendenza
massima del
60%.
Nel periodo della Seconda Guerra Mondiale un altro veicolo che svolse un
ruolo
particolarmente significativo nella movimentazione delle truppe europee fu
la Steyr 1500, realizzata dall’austriaca Steyr (un’antica fabbrica di
armi, fondata
nel 1864, che iniziò la produzione di motori per l’aviazione durante il
primo conflitto
mondiale avviando la realizzazione dei primi autoveicoli nel 1920). La Steyr
1500, nata dopo la fusione aziendale con un altro marchio nazionale (Austro
Daimler Puch) avvenuta nel 1934, è una grossa torpedo a quattro ruote
motrici
ad 8 posti (V8, 3.517 cc.) prodotta in oltre 12.000 esemplari.
Con la fine della guerra il mito della Jeep non va in pensione, ma
continua a
diffondersi in tutto il mondo grazie alla produzione avviata su licenza
in diversi
paesi sudamericani (Argentina e Brasile), orientali (Giappone, India,
Corea e
Taiwan) e mediterranei (Spagna, Turchia, Egitto e Israele).
L’esigenza di poter disporre di un fuoristrada adeguato ai più disparati
impieghi
operativi nel corso delle operazioni militari legate alla Seconda Guerra
Mondiale veniva comunque avvertita anche dalle forze armate di quei
paesi che,
non allineandosi con alcun schieramento, si erano dichiarati neutrali.
Uno di questi
nella vecchia Europa era la tranquilla Svezia che, ritenendo forse non molto
credibile un simile atteggiamento in condizioni di disarmo, decise di
mostrare comunque
i muscoli anche nel settore della mobilità delle truppe avviando un progetto
destinato alla produzione di nuovi veicoli appositamente realizzati per
l’utilizzo
off-road.
Naturalmente fu la Volvo, la maggiore azienda nazionale, ad impostare una
nuova berlina a trazione integrale. Era il 1943 quando venne varato il
primo prototipo
della Volvo PV 801/802, entrata in produzione l’anno dopo e costruita fino
al 1946 in oltre 200 esemplari. Equipaggiata con un motore di 3.670 cc.
(6 cilindri,
86 CV), il fuoristrada della Volvo, pur assicurando prestazioni di tutto
rispetto,
evindenziò diverse lacune negli impieghi più gravosi, sia per l’eccessiva
lunghezza del passo che per alcuni problemi legati alla carburazione e
sistema di
lubrificazione che si manifestavano soprattutto in presenza di forti
pendenze.
Sempre nel 1943 apparve anche la Gaz 67, la prima autovettura russa
militare da
fuoristrada dalle modeste prestazioni e fortemente ispirata
(stilisticamente e meccanicamente)
alla Bantam; questo modello, utilizzato prevalentemente sul territorio
nazionale, verrà ulteriormente sviluppato dieci anni dopo (1953) con il
debutto
della Gaz 69, antesignana delle attuali Uaz attualmente ancora in
circolazione.
Il 17 luglio del 1945 la Willis è la prima azienda automobilistica
statunitense a presentare
il nuovo modello del dopo-guerra, riveduto e corretto per un utilizzo in
abiti civili.
Nasce così la Jeep “Universal” che viene posta in vendita al prezzo di
1.090 dollari,
affiancata a partire dal 1946 dalla prima station wagon a due porte
interamente
realizzata in carrozzeria metallica; nel 1947 sono oltre 100.000 le Jeep
civili
prodotte (ca. 25.000 quelle esportate nel mondo).
Negli stessi anni la Dodge lancia sul mercato americano la Power Wagon, uno
dei più famosi pick-up 4x4 mai apparsi negli Stati Uniti; entrata in
produzione
nel 1946, la Power Wagon verrà costruita in larga scala fino al 1971 pur
continuando
ad essere prodotta in una serie limitata fino al 1978.
Ancora pochi anni e, nel 1948, debutta sulla ribalta internazionale la
mitica
Land Rover che, continuando la tradizione avviata con la Jeep, presenta
una carrozzeria
decisamente innovativa per l’epoca interamente realizzata in alluminio
(l’acciaio industriale era stato quasi tutto assorbito dalla produzione
bellica); in
breve tempo la Land Rover si afferma in tutto il mondo, divenendo in
pochi anni
il simbolo della mobilità a motore in fuoristrada.
Il progetto “Land Rover” (land = terra e rover = vagabondo) venne
avviato all’inizio
del 1947 e i primi prototipi vennero allestiti a tempo di record nello
stesso
anno; non essendo ancora perfettamente messo a punto il telaio progettato
dalla Rover, venne utilizzato il telaio di una Jeep Willis sul quale
venne assemblata
la carrozzeria in alluminio e altre componenti prelevate dalle berline di
produzione Rover. Il motore era un quattro cilindri di 1.389 cc. in
grado di sviluppare
48 CV, mentre la trasmissione integrale permanente era abbinata ad un
tradizionale cambio stradale sul quale era montato un riduttore di nuova
progettazione. Superati i primi test di collaudo, la Rover approva la
delibera (il 4 settembre
del ‘47) per la realizzazione della prima preserie (50 veicoli) per
affrontare
l’ormai imminente esordio.
Il debutto ufficiale avviene il 30 aprile del 1948 presso i padiglioni
del Salone
dell’Automobile di Amsterdam, dove viene presentata la prima Land Rover 80,
così denominata in riferimento alla lunghezza del passo (80 pollici)
corrispondente
a 2,032 metri.
L’immediato successo riscosso fin dalla sua prima apparizione viene
inoltre ulteriormente
confermato dalle crescenti ordinazioni che arrivano ben presto da
ogni angolo del pianeta e la stessa famiglia reale ne subì il fascino.
Re Giorgio V,
dopo averla provata a lungo nei dintorni del castello di Balmoral,
ordinò diversi
esemplari per le varie residenze di corte e anche alcuni personaggi
della politica
restarono affascinati dal nuovo fuoristrada (famosa la foto del grande
statista
Winston Churchill immortalato, con il suo immancabile sigaro, al fianco
della
Land Rover).
L’azienda di Solihull venne ben presto subissata di ordinazioni e, per
evadere
la crescente mole di richieste, la Land Rover decise di avviare la
produzione su licenza
in numerosi paesi europei. Tra questi i più tempestivi furono il Belgio
(dove
la Land assunse il nome di Minerva), la Germania (che la mise in produzione
con il nome di Tempo) e la Spagna dove ancora oggi viene costruita con
il marchio
Santana.
Già nel 1956 la Land Rover veniva allestita in 30 nazioni diverse grazie
all’adozione
di numerose componenti che, abbinate a kit di montaggio preassemblati,
venivano importate direttamente dalla Gran Bretagna. Nel 1958 debutta la
II Serie, mentre la III Serie verrà introdotta nel 1971.
Pochi anni dopo il debutto della Land Rover si affaccia nel mondo del
fuoristrada
anche l’industria del Sol Levante quando, nel 1950, l’Esercito Americano
si rivolge alla Toyota per la realizzazione di un veicolo che fosse
particolarmente
resistente, forte e indistruttibile per i suoi soldati di stanza in
Giappone.
In realtà la Toyota aveva già avviato, nel corso della Seconda Guerra
Mondiale,
un progetto per la realizzazione di un veicolo 4x4 (1/4 tonn.)
battezzato AK-
10 che entrò in produzione solo a conclusione del conflitto.
Dopo la commessa statunitense i tecnici della Toyota si rimettono al
lavoro e
nell’arco di sei mesi fu allestito il primo modello BJ che, quattro anni
più tardi,
verrà commercializzato come Land Cruiser riscuotendo un grande successo in
ogni angolo del mondo (negli Stati Uniti arriverà nel 1958 con la sigla
FJ-25) rivelandosi,
soprattutto sulle piste sahariane, come la più temibile rivale della Land
Rover.
Va sottolineato inoltre che in quegli anni l’industria automobilistica
giapponese,
allineandosi ad un’esigenza del resto avvertita da molte case
costruttrici europee e americane, era molto più attenta alle richieste
provenienti dal settore
militare che non alle esigenze del mercato civile.
Non riuscì a sottrarsi a questa tendenza neanche la Nissan (nata nel 1933 a
Yokoama) che, proprio all’indomani della conclusione della Seconda Guerra
Mondiale, riceve dall’Esercito imperiale l’incarico di studiare un
fuoristrada simile
alla Jeep basandosi su alcuni esemplari sequestrati alle truppe
americane catturate
nel Pacifico. I vari progetti vennero tuttavia ben presto abbandonati, e
non solo nell’ambito delle 4x4, per cui la Nissan si dedicò
esclusivamente alla produzione
dell’autocarro 180 (avviata agli inizi degli anni Quaranta). Con l’avvento
degli anni Cinquanta inoltre iniziava a surriscaldarsi di nuovo la
situazione politica
in tutto l’Estremo Oriente e gli stessi Stati Uniti, presagendo il ruolo non
trascurabile delle forze armate nipponiche nelle turbolenze che si
stavano innescando
in Vietnam e Corea, premono nuovamente sulle case automobilistiche
giapponesi invitando la Nissan a rispolverare i progetti relativi alla
produzione
di 4x4.
Dopo una serie di prototipi realizzati sulla falsariga della Jeep, la
Nissan presenta
nel 1951 la Patrol 4WD 60 che, com’era prevedibile, ricordava molto da
vicino
la gloriosa fuoristrada americana del ‘41.
Nel panorama europeo la Renault lancia nel 1951 la Colorale Prairie, una
mastodontica
station-wagon 4x4 destinata sia al trasporto agricolo che alla
movimentazione
nelle colonie francesi africane. La notevole altezza minima da terra,
seppur penalizzando l’accesso nell’abitacolo, assicurava ottime
prestazioni nell’utilizzo
in fuoristrada ma il veicolo (allestito anche versione pick-up, con porta-
Nissan Patrol ta fino a 500 Kg.) ebbe uno scarso successo nelle vendite
a causa del prezzo elevato
e delle modeste prestazioni, lontane da quelle assicurate da Jeep e Land
Rover.
Agli inizi degli anni ‘50 finalmente anche la produzione italiana,
seppur tardivamente
dopo alcune esperienze nel settore dei camion militari, si cimenta nel
campo dei fuoristrada; sia l’Alfa Romeo Matta che la Fiat, infatti,
partecipano al
concorso indetto dal Ministero della Difesa per la realizzazione di un
veicolo militare
leggero e nascono così la Matta e la Campagnola.
L’Alfa Romeo Matta, così battezzata dall’ingegner Antonio Alessio, all’epoca
direttore generale dell’Alfa, per le sue eccezionali doti di robustezza
e l’estrema
versatilità evidenziata (fino ad allora inedita) nell’utilizzo off-road
di un veicolo,
era caratterizzata da un avantreno a ruote indipendenti e un tipo di
allestimento
che, seppur adattabile ad impieghi civili, rimaneva tuttavia
circoscritto in un
ambito prettamente militare. I primi studi iniziarono nel gennaio del
‘51 e già
nell’aprile dello stesso anno era pronto il primo prototipo per i
collaudi; il primo
modello di serie uscì dalle catene di montaggio di Napoli nel marzo del
‘52. L’Alfa
Romeo Matta, prodotta complessivamente in 2.200 esemplari prima di uscire
di produzione del ‘53, fu protagonista di un’importante spedizione
amazzonica
nel Mato Grosso e in un’edizione della Mille Miglia si concesse persino
il lusso di
battere una Fiat Campagnola.
Assai simili erano le caratteristiche tecniche della Fiat Campagnola D, il
cui debutto avviene alla Fiera del Levante di Bari del 1951 dove viene
presentato
il modello “D” con motore a benzina (1.901 cc., 19 CV, 100 Kmh.), da
cui deriva anche la versione militare denominata A.R. 51 (Autovettura
Ricognizione
1951); a partire dal ‘53 la Campagnola viene costruita anche nella
versione con motore diesel (1.901 cc., 40 CV, 85 Kmh.) e le successive
versioni
(A.R. 51 B, A.R. 55 e A.R. 59) resteranno in produzione fino al 1973: la
produzione
complessiva è stata di 39.076 veicoli, di cui 7.783 diesel.
Grande agitazione sul mercato tedesco nel 1954 quando tre grosse aziende
nazionali (Auto Union, Goliath e Porsche) presentano i prototipi per una
4x4 militare
destinata alla Bundeswehr (l’esercito tedesco). Il prototipo Goliath era
equipaggiato
con motore anteriore a due tempi a 3 cilindri (886 cc., 40 CV) e tre anni
dopo verrà riproposto con un motore a quattro tempi più potente (1.093
cc., 50
CV) e la trazione integrale abbinata alle marce ridotte. La Porsche
presenta un
prototipo dalla linea a cuneo molto moderna, equipaggiato con un motore
raffreddato
ad aria di 1.488 cc. (50 CV) e differenziale posteriore autobloccante; due
anni dopo esordisce un secondo prototipo Porsche 4x4 con motore di 1.582 cc.
Entrambi questi modelli furono scartati dai vertici della Bundeswehr che
preferirono
il terzo prototipo realizzato dalla Munga D.K.W., battezzato Munga in
riferimento alla corrispondente sigla dell’idioma tedesco “Mehrzweck
Universal
Gelandewagen mit Allradantrich” (veicolo universale da fuoristrada a quattro
ruote motrici).
Anche la Munga (analogamente al prototipo della Goliath) disponeva di un
propulsore a due tempi (3 cilindri in linea, raffreddato ad acqua) di
896 cc. in grado
di sviluppare 38 CV a 4.200 giri. Dotata di trazione integrale permanente e
marce ridotte, la Munga era disponibile solo nella versione con
carrozzeria aperta
e consentiva di superare una pendenza massima del 60%. Nel 1957 venne
introdotta
una versione leggermente più potente (40 CV), mentre tra il ‘54 e il ‘56
apparvero anche alcune versioni con motore da 980 cc. (44 CV).
Nonostante le prestazioni limitate e i consumi non proprio contenuti (17
lt./100 Km. in fuoristrada), la Munga riscosse un discreto successo
nelle commesse
militari e rimase in produzione fino al 1968 (oltre 50.000 gli esemplari
consegnati
alla Bundeswehr) registrando un certo numero di vendite (ca. 500 veicoli)
anche nella versione civile.
Negli stessi anni (1954), nella Corea del Sud, la Ssang-Yong avvia la
produzione di una 4x4 (costruita su licenza Jeep) destinata alle forze
armate.
Da segnalare nello stesso periodo l’entrata in produzione della GAZ 69,
un veicolo
russo con motore anteriore longitudinale (2.430 cc., 65 CV), disponibile sia
nella versione torpedo (4 porte, 5 posti) che nell’allestimento pick-up
(con cassonetto
posteriore e 8 posti); prodotta dal ‘52 alla fine degli anni Sessanta,
la Gaz
69 era destinata soprattutto per equipaggiare le forze armate del Patto
di Varsavia,
ma riscosse un discreto successo anche nell’impiego civile.
Nel ‘56, pur mantenendo lo stesso nome, assunse la denominazione ufficiale
di Uaz 69 fino a quando, uscita di produzione, venne sostituita dalla
Uaz 469 il
cui prototipo iniziale risale al 1961.
Sulla scena europea riappare intanto la svedese Volvo che, rispolverando il
progetto della PV 801/802 che aveva esordito dieci anni prima, lancia
sul mercato
delle 4x4 militari la nuova TP 21. Questo modello, seppur derivato dalla
precedente
versione, presenta tuttavia numerose innovazioni tecnologiche che
avrebbero dovuto eliminare i difetti della prima Volvo a trazione
integrale. La
nuova TP 21, oltre al passo accorciato e ad una maggiore altezza minima
da terra
(ulteriormente esaltata dall’adozione di ruote maggiorate), presenta anche
una carrozzeria più contenuta nelle dimensioni, ma sempre a 4 posti, e
un motore
leggermente incrementato nella potenza (da 86 a 90 CV). Inedito anche il
nuovo frontale che non contribuisce comunque ad alleggerire le linee
molto dure
e squadrate del veicolo (i connazionali continuano a chiamarlo “sugga”, che
in svedese significa “scrofa”, per
via del lungo muso). La Volvo TP
21 venne prodotta tra il 1953 e il
1958 in 720 esemplari nel suo allestimento
base, oltre a numerose
altre versioni introdotte negli anni
successivi. Tra queste ricordiamo
la Volvo P 2104 Special (a 7 posti,
presentata nel 1954 e rimasta
solo allo stadio di prototipo) e la
Volvo 6x6 P 2204/TL 22, prodotta
in 857 esemplari tra il 1954 e il
1958.
Lo scarso successo nelle vendite,
nonostante l’elevato standard
qualitativo sempre all’altezza della
Volvo e l’affidabilità nelle prestazioni,
è riconducibile essenzialmente
a motivi politici dovuti proprio
alla condizione di neutralità
della Svezia. I contrapposti blocchi militari che si stavano formando in
Europa infatti
(da un lato la Nato e dall’altro il Patto di Varsavia), tendevano a
dotare i propri eserciti con veicoli già ampiamente collaudati
(soprattutto Jeep, Land Rover
e Gaz), mentre per esigenze di trasporto più pesanti erano disponibili
sul mercato
dell’usato i robusti e mastodontici Dodge americani, “reduci” della Seconda
Guerra Mondiale e molto accessibili nel prezzo.
L’ultima versione fu la 4x4 L 2034, nota come “Valpen” (“cucciolo”), che
decretò
la definitiva uscita di scena della Volvo dal settore dei fuoristrada.
A proposito dei veicoli americani è proprio la Dodge a lanciare nel 1957 un
nuovo camioncino 4x4, equipaggiato con motore a 8 cilindri, affiancato
ben presto
da alcune versioni espressamente realizzate per l’uso civile (Town Wagon e
Town Panel); nello stesso anno la Chevrolet lancia lo Chevy 3100, un
altro pickup
4x4 destinato a riscuotere un grande successo sul mercato americano.
Un altra tappa significativa del fuoristrada americano porta la firma
della Ford
che, nel 1959, lancia sul mercato due nuovi modelli di pick-up 4x4,
l’F-100 e l’F-
250, entrambi destinati a svolgere negli anni successivi un ruolo
fondamentale
nella storia dell’off-road a stelle e strisce.
Nella prima metà degli anni Cinquanta si afferma inoltre, per un breve
periodo,
anche la Austin Champ prodotta dalla British Motor Corporation; dopo la
realizzazione dei primi prototipi, debuttano una versione civile (1952)
e una militare
(1953), ma dopo alcuni anni la produzione viene abbandonata nel 1956.
Maggiore fortuna ebbe invece un’altra interessante 4x4 di origine americana,
la M 422, anch’essa destinata alle forze armate impegnate sul fronte
vietnamita.
Nota come la “Jeep dei Marines” e affettuosamente ribattezzata “Mighty Mite”
(piccola forzuta), la M 422 nasce dall’esigenza di equipaggiare il corpo
dei Marines
con un nuovo veicolo che fosse particolarmente adatto alle operazioni
militari
nella giungla. Il primi prototipi vennero realizzati nel 1953 dalla Mid
America
Research Corporation, equipaggiati con motore Porsche raffreddato ad aria a
4 cilindri (44 CV), con cambio a tre marce e trazione integrale permanente.
Dopo una lunga serie di collaudi, nel 1959, inizia la produzione di
serie da parte
dell’American Motors e la M 422 viene equipaggiata con un motore progettato
e costruito dalla Casa americana (un 4 cilindri a V interamente
realizzato in
alluminio e raffreddato ad aria), con trazione anteriore inseribile. La
Mighty Mite,
costruita in circa 4.000 esemplari, rimane in produzione fino al 1963.
Chiudono la panoramica dei principali fuoristrada europei degli anni
Cinquanta
la Gipsy della Austin e l’Halflinger dell’austriaca Steyr. Caratterizzata da
una linea compatta e abbastanza originale nel frontale, la Gipsy
introduce nel
1958 la novità delle sospensioni a quattro ruote indipendenti abbinate
per la prima
volta a dei silent-block di gomma; equipaggiata con cambio a 4 velocità
e trazione
anteriore inseribile, era disponibile sia nella versione a benzina
(2.199 cc.,
62 CV) che a gasolio (2.178 cc., 55 CV). La Gipsy venne sostituita dalla
Austin della
II Serie nel 1960 (MK II, 72 CV), affiancata anche dalla versione a
passo lungo.
Dal 1958 al 1968 la Gipsy venne prodotta in oltre 17.000 unità e un
numero limitato
di esemplari venne importato anche in Italia.
L’Halflinger della Steyr debutta nello stesso anno della Gipsy e, pur
discostandosi dalla tradizionale tipologia dei fuoristrada più diffusi,
riscuote un certo
successo grazie alla carreggiata ad ampiezza limitata (largo 1.35 mt.)
che la rendevano
particolarmente adatta per un utilizzo lungo le mulattiere alpine.
Equipaggiata
con un motore bicilindrico raddreddato ad aria di 643 cc. (22 CV a 4.500
giri, 75 Kmh.), era dotata di trazione anteriore inseribile, bloccaggio
dei differenziali
e nell’utilizzo in fuoristrada superava pendenze massime del 65%.
Tra le proposte originali apparse sul mercato dei veicoli a trazione
integrale,
ed in particolar modo delle piccole vetture derivate dalla produzione di
serie, va
segnalato il debutto nel 1958 della Citroen 2 CV a quattro ruote motrici.
Strettamente derivata dalla 2 CV
di serie, la versione 4x4 della storica
utilitaria francese, battezzata
“Sahara”, era caratterizzata dall’adozione
di due motori raffreddati
ad aria di 425 cc. (13.5 CV a 4.500 giri),
sempre derivanti dal modello di
serie, montati sull’avantreno anteriore
e su quello posteriore; la velocità
massima raggiungibile sfiorava
i 100 Kmh., mentre la pendenza
massima superabile si aggirava attorno
al 45%.
Negli anni Sessanta (mentre in Romania la Aro avvia la produzione di una
4x4,
denominata M 461, analoga alla Gaz 69) anche la Ford torna in prima
linea nel settore delle auto a quattro ruote
motrici, con la Mutt M 151, un fuoristrada
equipaggaiato con un propulsore
a quattro cilindri (2.319 cc.) in
grado di sviluppare 71 CV a 4.000 giri
al minuto.
Esaurite le vicende nel corso del
secondo conflitto mondiale, l’esercito
americano si ritrova di nuovo al
fronte (dopo circa cinque anni) nella
guerra di Corea. La Jeep, fino ad allora
leader indiscussa della mobilità militare a stelle e strisce, inizia a
dimostrare
i primi acciacchi per cui l’U.S. Army avverte l’esigenza di poter
disporre di un nuovo
veicolo nel settore dei mezzi per supporto tattico.
Nel 1951 la Ford riceve la commessa per lo studio di una nuova vettura
che, oltre
ad esprimere migliori prestazioni, potesse anche candidarsi ad erede della
Jeep.
Il primo prototipo viene presentato nel 1952 ma, dopo lunghi quanto
interminabili
collaudi, la produzione di serie della M 151 viene avviata solo nel 1959.
Il nome Mutt deriva dalla sigla Military Utility Tactical Truck (veicolo
militare per
impiego tattico) e il battesimo di fuoco avverrà poco dopo nel corso
delle prime
avvisaglie della guerra in Vietnam.
Nel 1964, dopo 35.000 veicoli prodotti, debutta la versione M 151 A1 (ca.
100.000 esemplari) rafforzata nelle sospensioni posteriori e dotata di
un kit per
l’impiego nelle regioni polari. Equipaggiata con un motore a 4 cilindri
di 2.319
cc. (71 CV a 4.000 giri), la M 151 era dotata di un cambio a tre marce
abbinato ad
un “primino” per l’utilizzo in fuoristrada, mentre l’inserimento della
trazione anteriore
poteva effettuarsi anche in marcia; le prestazioni su strada consentivano
una velocità massima di 106 Kmh., con una pendenza massima superabile del
60%. L’ultima versione ulteriormente rimaneggiata (Mutt 151 A2)
esordisce il 26
gennaio del 1970.
Contemporaneamente alla produzione della M 151 realizzata dalla Ford, nel
1959 la American Motor Corporation lancia, come già ricordato, sul
mercato la
“Mighty Mite” conosciuta con la sigla M 422.
Costata alla A.M.C. cinque lunghi anni di studio per lo sviluppo del
prototipo,
la Mighty Mite era destinata soprattutto alle truppe aviotrasportate e
da sbarco;
il motore a 4 cilindri raffreddato ad aria (1.775 cc., 55 CV a 3.600
giri) era dotato
di cambio a 3 marce più il classico “primino”, mentre la velocità
massima raggiungibile
era di 96 Kmh.
Nel 1961 la Renault lancia sul mercato la R4, una piccola vettura destinata
a restare nella storia dell’automobile che verrà prodotta fino al 1993,
conquistando
un ruolo di rilievo (assieme alla Mini e alla 2CV della Citroen) nella
nicchia delle auto “evergreen”. La Renault 4 inoltre ebbe anche un
discreto successo nell’ambito del fuoristrada
grazie alla trasformazione della Sinpar, un’azienda francese
specializzata nella
trasformazione di veicoli di serie che elaborò diverse versioni a
quattro ruote
motrici. La prima Renault 4 Sinpar 4x4 esordì nel 1966 in versione
pick-up, riscuotendo
ottimi risultati nel Rally des Cimes nonostante le modeste prestazioni
assicurate
dal suo propulsore di soli 850 cc.; le principali modifiche realizzate dalla
Sinpar riguardavano l’adozione di una scatola di rinvio collocata
anteriormente al
cambio originale, un dispositivo per l’innesto della trazione integrale
sul cruscotto,
un nuovo retrotreno e una serie di modifiche estese alle sospensioni, al
serbatoio
di carburante e alla ruota di scorta.
Sempre nel 1961 un’azienda americana, la International Harvester, scuote il
panorama mondiale della produzione di 4x4 con la presentazione della Scout,
un fuoristrada che per la prima volta offre qualcosa (un minimo di
comfort) che
nessun veicolo off-road aveva finora preso in considerazione.
L’arrivo sul mercato dell’International Scout rappresentò inoltre uno
dei maggiori
incentivi per lo sviluppo del Bronco da parte della Ford e, probabilmente,
svolse un ruolo determinante anche nella gestazione del Blazer e della
Range Rover.
Successivamente la Scout riscosse un notevole successo per molti anni grazie
anche all’introduzione di nuove versioni (come la Scout 80 del ‘64) fino
a quando,
nel 1980, uscì definitivamente di produzione in seguito ad una serie di
vicissitudini
aziendali.
Sempre nel 1961 la Ferguson (un’azienda inglese di Coventry specializzata
nella produzione di organi di trasmissione) realizza un prototipo a
quattro ruote motrici (una station-wagon carrozzata da Michelotti)
decisamente originale e
all’avanguardia per l’epoca. Equipaggiata con un motore boxer a quattro
cilindri
(2.200 cc., 100 CV) la Ferguson SW 4WD disponeva di trazione integrale
permanente,
cambio automatico e dispositivo di bloccaggio di frenata. Questo veicolo
non entrò in produzione, ma diversi elementi della sua innovativa tecnologia
vennero adottati qualche anno più tardi (1966) sulla Jensen Interceptor FF
(equipaggiata con motore Chrysler) che rimase in produzione fino al 1971.
Verso la fine del 1961 approda in America la Nissan Patrol che, grazie
alle sue
qualità di robustezza e affidabilità, ebbe un buon impatto nel mercato
americano
riscuotendo un discreto successo nelle vendite.
Con la presentazione del Ford Bronco, il cui debutto risale alla fine
del 1965,
il settore dei veicoli ricreazionali leggeri a quattro ruote motrici
subisce una radicale
trasformazione d’immagine che, inevitabilmente, si tradusse anche in una
più massiva penetrazione di mercato.
Il Bronco non era esattamente un camioncino simile a quelli fino ad
allora apparsi
sul mercato, né rientrava nella tradizionale tipologia delle station-wagon.
La sua peculiarità essenziale era quella di sintetizzare al meglio le
caratteristiche
di entrambe le categorie, estendendone inoltre la versatilità d’utilizzo
grazie all’adozione
delle quattro ruote motrici. Quando appare la versione successiva
equipaggiata con un motore V8, agli inizi del 1966, il Bronco è il primo
fuoristrada
americano a montare un simile propulsore su una 4x4 compatta; una nuova
versione a 6 cilindri viene introdotta nel 1966 e nel 1977 questo
modello esce
di produzione.
Nel 1967 la Jeep lancia sul mercato la famosa Commando, un fuoristrada
completamente
diverso nell’impostazione rispetto ai tradizionali modelli della Casa
americana. Lunga 4.43 metri, la Commando monta un motore V6 di 3.802 cc.
(100
CV a 3.600 giri) e viene allestita con carrozzeria station-wagon a 2
porte con tetto
rigido asportabile.
L’anno dopo debuttano sul mercato italiano la Ranger, una piccola vettura a
quattro ruote motrici su meccanica Fiat 600 (presentata già nel ‘66 al
Salone di
Torino nella versione a due ruote motrici), e la Yeti; quest’ultima,
allestita su meccanica
Fiat 850, rimase però confinata alla fase di prototipo nonostante le sue
interessanti
caratteristiche tecniche (quattro ruote motrici e sterzanti).
Sul finire degli anni Sessanta esordisce in Giappone un altro
fuoristrada destinato
a fare epoca quando la Suzuki avvia il progetto per una 4x4 leggera
riservato
al mercato interno delle vetture di piccola cilindrata.
Era il 1968 e la Suzuki, dopo una serie di prototipi destinati a mettere
a punto
le caratteristiche del nuovo veicolo, avvia la produzione di una
limitata preserie
della Jimny. Questo veicolo, estremamente leggero (600 Kg.) e compatto
nelle dimensioni (il passo misurava appena 1.93 mt.) e dotato di una
straordinaria
maneggevolezza, era inoltre estremamente semplice dal punto di vista
meccanico.
Il motore a due tempi, raffreddato ad aria, era un bicilindrico di 360
cc. in grado di sviluppare 25
CV consentendo al
veicolo una velocità
massima di circa 80
Kmh.
Anche la carrozzeria,
seppur ispirata
nelle linee essenziali
a quella della Jeep,
era molto semplice e
spartana con le portiere
in tela e il vetro
anteriore ribaltabile
anterior-mente sul
cofano motore.
Per limitare al
massimo gli ingombri
esterni vi erano
inoltre solo tre posti
poiché, a lato del sedile posteriore, era stata inserita la ruota di
scorta. La Suzuki
Jimny entrerà regolarmente in produzione in tutto il Giappone a partire
dal 1970
(con la siglia LJ 10), divenendo in pochi anni uno dei più diffusi 4x4
nel settore
dei fuoristrada leggeri.
Quattro anni dopo viene lanciata sul mercato australiano la nuova
versone (LJ
50) con un motore maggiorato (540 cc.) a 3 cilindri. Nel 1977 debutta
sul mercato
nazionale la LJ 80 (800 cc., 4 cilindri) che, l’anno successivo,
rappresenta la prima
Suzuki 4x4 esportata in Europa.
Nel 1969, prima dell’avvento sul mercato della Range Rover, la General
Motors
lancia il glorioso Blazer realizzato (come già ricordato) sulla scia
delle innovazioni
stilistiche e d’utilizzo introdotte dall’International Scout e dal Ford
Bronco,
spingendosi ancora oltre in quanto a design e tecnologia. Decisamente
più grande
nelle dimensioni sia della Scout che del Bronco, il Blazer nasce come un
camion
fuoristrada di mezza tonnellata ed ha il suo asso nella manica nella
soluzione fornita
del tettuccio amovibile che, una volta montato sul veicolo, lo
trasformava in
una comfortevole station-wagon.
[pausa caffè]
Le origini e l’evoluzione dei veicoli a trazione integrale sono legate
inevitabilmente
alla storia dell’intera mobilità a motore che, fin dalla seconda metà del
XIX secolo, ha caratterizzato gli albori della moderna era industriale.
Non c’è da stupirsi quindi che i primi, seppur alquanto rudimentali,
sistemi di
trazione integrale, siano apparsi sui treni prima ancora che
l’automobile fosse inventata.
I primi tentativi di cui si hanno notizia risalgono addirittura al 1824
quando
due inglesi, Timothy Burstali e John Jill, costruirono una carrozza a
vapore a
quattro ruote motrici. Questo veicolo, dal peso complessivo di circa 7
tonnellate
e in grado di raggiungere una velocità massima di poco superiore ai 35 Kmh.,
venne sottoposta ad una serie di numerosi test tra il 1826 e il 1827.
Nessun problema
fu riscontrato nel corso delle prove su rotaia, ma il progetto venne ben
presto abbandonato nel 1827 in seguito all’esplosione di una caldaia.
Molti anni dopo dall’altra parte dell’oceano l’americano Emmett Bandelier,
un agricoltore dell’Indiana con particolari attitudini per la meccanica,
progettò
un motore a vapore per un veicolo a quattro ruote motrici (1883) che avrebbe
dovuto equipaggiare i mezzi utilizzati nelle maggiori fattorie della
zona. Questo
motore conteneva numerose soluzioni tecniche altamente innovative per
l’epoca, ma il suo ideatore non riuscì purtroppo a ricavarne un
prototipo funzionante.
L’agricoltore dell’Indiana lasciò cadere il brevetto verso la fine del
1883 e alcuni anni dopo Henry Ford utilizzò alcune delle soluzioni
tecniche di Bandelier nella produzione
delle sue prime automobili.
Il primo veicolo a trazione integrale della storia è una 4x4 elettrica
realizzata tra la fine del secolo scorso e
l’inizio del ‘900 dall’austriaca Lohner in collaborazione con un
giovanissimo tecnico che rispondeva al nome di
Ferdinand Porsche. Era il 1898 quando la Lohner (azienda leader in
Europa nella costruzione di carrozze che, a Lohner-Porsche 4x4 partire
dal 1896, si specializza nella produzione di automobili elettriche)
assume il giovane Porsche, allora ventiquattrenne,
per affidargli un ambizioso progetto destinato alla realizzazione di una
4x4 elettrica. Il 19 settembre del 1900 la Lohner-Porsche 4x4 è pronta e
viene consegnata
ad un facoltoso cliente inglese. Questa vettura (battezzata “La Toujours
Contente”), con carrozzeria scoperta a 4 posti, era equipaggiata in
pratica di un
motore per ogni ruota e disponeva di una serie di accumulatori (situati
al centro
del veicolo) il cui peso complessivo sfiorava i 1.800 Kg. che
sviluppavano una potenza,
notevole per l’epoca, di 100 CV. Dopo i primi entusiasmanti test, la vettura
venne ampiamente modificata nel tentativo di battere il record mondiale
di velocità
(105.12 Kmh.) conquistato in Francia, ma riuscì a raggiungere soltanto
gli 80
Kmh.
Tre anni più tardi, al Salone di Parigi del 1903, debutta invece l’olandese
Spyker 50 HP, la prima vettura da competizione a quattro ruote motrici
con motore
a benzina; dotata di trazione integrale permanente e differenziale centrale,
la Spyker 50 HP era equipaggiata con un propulsore a 6 cilindri in linea
di 8.681
cc. (50 CV a 1.400 giri al minuto, 75 Kmh.), raffreddato tramite due
radiatori a
“V”; la trasmissione era assicurata da un albero cardanico collegato
direttamente
alla scatola del cambio da dove, tramite due alberi di trasmissione,
veniva trasferito
il moto ai due differenziali.
Negli stessi anni negli Stati Uniti un altro costruttore, Charles Cotta di
Rockford (Illinois) sviluppò un veicolo equipaggiato con un motore a vapore
che, grazie ad un sistema di trasmissione a catena, riusciva a
distribuire la
trazione su tutte e quattro le ruote. Non esistono dati sul numero di
veicoli
costruiti da Cotta che nel primo anno di produzione (1902) pubblicizzò
la sua
vettura anche sulla più famosa rivista dell’epoca (Automobile Trade
Journal).
L’anno successivo Cotta vendette il progetto e il brevetto della sua auto
(considerata a tutti gli effetti come la prima 4x4 americana) alla
Milwuakee Four-Wheel Drive Wagon Company che costruì una piccola serie
di auto e camion 4x4 fino al 1907.
Sempre nell’ambito dei camion 4x4 un’altra azienda americana, la Couple
Gear Freight Company di Grand Rapids (Michigan) avviò nel 1904 la produzione
di camion elettrici a quattro ruote motrici e sterzanti; la gamma
completa era basata
su tre modelli (da 1, 2 e 5 tonnellata come capacità di carico) la cui
velocità
massima era compresa tra i 10 i 13 Kmh.
Nello stesso anno anche in Europa iniziano ad apparire i primi modelli
di camion
a quattro ruote motrici quando la Austro-Daimler (divisione austriaca della
German Daimler Company, antesignana della Daimler-Chrysler) costruì una
linea
di camion 4x4 di media e alta portata destinata alle forze armate; il
telaio e
la meccanica di questi veicoli verranno successivamente utilizzati per
la realizzazione
dei futuri mezzi blindati destinati all’Esercito Austriaco.
In alcuni casi tuttavia la realizzazione di veicoli a trazione integrale
rimase
confinata alla fase di prototipo, come avvenne per quello costruito nel
1905 da
Charles Van Winkle di San Joachin (California); si trattava di una
piccola 4x4 da
turismo il cui progetto venne ceduto ad un’azienda di recente
costituzione (la
Stockton Four Drive Auto Company) che abbandonò l’idea prima ancora di
avviare
la produzione.
Una sorte analoga toccò anche al camion sperimentale a quattro ruote
motrici e
sterzanti realizzato nel 1906 dalla American Motor Truck Company,
sebbene il prototipo
venne utilizzato in seguito (1911) dalla stessa azienda per avviare una
produzione
limitata di camion 4x4 di varia portata (1, 2, 3, 5 e 10 tonn.)
disponibili con motori
a 2 e 4 cilindri.
Ad un’altra azienda americana, la Duplex Power Car Company, si deve la
realizzazione
di quello che viene considerato come il primo veicolo commerciale 4x4,
realizzato nel 1908; questo mezzo, denominato “Model B”, era un piccolo
camioncino
(3/4 tonn.) che restò in produzione per due anni, prima di essere sostituito
dalla nuova versione (1913).
Ancora la Mercedes, nel 1907, costruì una serie limitata di una piccola
4x4 a
quattro ruote sterzanti, destinata alle amministrazioni coloniali
stanziate in Africa
orientale; questo veicolo, molto spartano nell’allestimento e completamente
diverso dalle auto Mercedes fino ad allora cotruite, era equipaggiato
con un motore
a benzina che sviluppava 45 CV.
Nel 1908 si verifica negli Stati Uniti un evento che ha grande risonanza
anche
sul Vecchio Continente, noto nelle cronache della storia del fuoristrada
come lo
“sfondamento americano”. Due macchinisti del Wisconsin, Otto Zachow e
William
Besserdich, costruirono un veicolo a quattro ruote motrici che segnò il
debutto
della prima scatola dello sterzo integrata direttamente nell’assale
anteriore.
I primi test iniziarono nell’ottobre dello stesso anno ed evidenziarono
sorprendenti
prestazioni nell’utilizzo off-road, e il nuovo fuoristrada riuscì a superare
i terreni più accidentati nei pressi di Clintonville (Wisconsin)
attraverso i quali
nessun veicolo a motore allora in circolazione riusciva ad avventurarsi
La nuova versione (1909) del fuoristrada creato da Zachow e Besserdich
risultò
ulteriormente perfezionata rispetto al modello precedente, suscitando un
crescente
clamore negli ambienti automobilistici americani. Grazie al potente motore
a 4 cilindri, in grado di erogare 45 cavalli, questo veicolo
rappresentava la
massima espressione tecnologica in fatto di prestazioni
fuoristradistiche per una
4x4. A tale proposito venne battezzata affettuosamente “Battleship” (nave da
guerra) poiché niente riusciva a fermarla nel corso delle prove
effettuate nelle
proibitive condizioni ambientali intorno a Clintonville. In seguito i
due macchinisti-
costruttori si associarono con la Badger Four Wheel Drive Auto Company,
sperando di offrire all’America un’auto 4x4 adatta a muoversi in ogni
tipo di terreno
con qualsiasi condizione di tempo. La Badger iniziò la regolare produzione
di veicoli e con l’entrata nel gruppo di Walter A. Olen, un avvocato di
Clintonville
che assunse il comando della compagnia, mutò il nome dapprima in Four
Wheel Drive Auto Company (1910) e in seguito semplicemente in FWD. Le
prestazioni
del FWD 4x4 erano talmente elevate rispetto alla concorrenza che la Casa
costruttrice offriva un premio di 1.000 dollari (una cifra ragguardevole per
quei tempi) a qualsiasi auto che fosse riuscita a seguire una Battleship
attraverso
il percorso off-road di prova per almeno 15 minuti; centinaia di auto si
cimentarono
nell’impresa, ma nessuna riuscì a star dietro alla “nave da guerra” di
Zachow e Besserdich.
Dopo aver prodotto soltanto sette auto da turismo a quattro ruote
motrici, la
FWD si rese conto che il mercato non era ancora pronto ad accogliere un
veicolo
del genere, constatando tuttavia che i tempi erano maturi per il mercato dei
camion 4x4.
Ben presto alla FWD iniziarono a prendere in considerazione l’idea di
entrare
in questo settore, soprattutto dopo la richiesta dell’Esercito Americano
(che all’epoca
aveva una flotta di 12 camion) di effettuare una serie di test impegnativi
su percorsi off-road con la Battleship.
I vertici dell’Esercito avevano alcune riserve in merito alle capacità
di carico del
veicolo, ma avviarono lo stesso le prove per valutare la fattibilità del
progetto.
L’Esercito acquistò una FWD 4x4 e, dopo i test di guida in condizioni
ambientali
esasperate, effettuò alcune modifiche alla carrozzeria: al veicolo venne
tagliata
la parte posteriore dell’abitacolo, trasformandolo in pratica in un pick-up
con l’aggiunta di un ampio pianale di carico. Era nato lo Scout Car 4x4,
un autocarro
leggero a trazione integrale in grado di assicurare una capacità di
carico di
una tonnellata e mezza. All’inizio del 1912 lo Scout Car venne
sottoposto ad una
serie di prove per otto settimane consecutive, nel corso delle quali
percorse circa
2.500 chilometri superando con un ampio margine, soprattutto nel traino
degli
armamenti attraverso le pozze di fango, gli altri tre veicoli
selezionati per i test.
Dopo il successo dei test effettuati presso l’Esercito Americano, la FWD
debutta
nel 1912 con il primo vero modello di camion 4x4 di 3 tonnellate che si
candidava
a consolidare ulteriormente la fama conquistata nell’ambiente militare.
Questo obiettivo venne raggiunto con la partecipazione ad alcune manovre
militari con una flotta di 12 camion 4x4 (tra cui anche alcuni FWD Scout
Car) che seguì
una missione della Guardia Nazionale da Dubuque, nello Iowa, fino a Sparta
(Wisconsin).
Il successo dei camion fuoristrada della FWD è legato in parte anche a
quella
tendenza che caratterizza l’intero mercato automobilistico nel primo
decennio
del secolo scorso quando, con l’approssimarsi del primo conflitto
mondiale, la
produzione di automobili evidenziò una netta flessione (intorno al 1910)
a favore
di quella dei camion.
Tra le numerose aziende che adeguarono la produzione verso i mezzi pesanti
vi fu anche la Walter Automobile Company (fondata a New York nel 1902),
apprezzata
per le sue berline di lusso (famosa la Walmobile, prodotta fino al 1909),
che realizzò il primo camion 4x4 nel 1911 dopo aver mutato la ragione
sociale in
Walter Motor Truck.
Nel 1913 un’altra azienda americana, la Thomas B. Jeffery Company esordì
con un prototipo di camion 4x4 (2 tonn.) a quattro ruote sterzanti,
battezzato
“Quad”, entrato regolarmente in produzione a partire dal 1914. Con lo
scoppio
della Prima Guerra mondiale, appena innescata in Europa, questo veicolo
venne
subito “arruolato” presso gli eserciti russi, inglesi e francesi, dove
si comportò altrettanto
bene come in quello americano. Nel 1916 l’azienda venne ceduta alla
Nash Company e il Quad assunse la denominazione di Nash Quad.
Il nuovo camion venne costruito e venduto in un gran numero di esemplari
durante la Prima Guerra mondiale, ma le vendite iniziarono ad
affievolirsi progressivamente
a partire dal 1919 fino a quando, nel 1928, il Nash Quad uscì di
produzione.
Da ricordare nel 1914 l’apparizione del camion Renault EG, che segnò
l’ingresso
della Casa francese nel settore dei veicoli a trazione integrale; si
trattava
di un grosso e pesante camion destinato al trasporto di cannoni,
equipaggiato
con un motore da 7.2 lt. in grado di sviluppare 45 CV e una velocità
massima di
15 chilometri orari. Oltre alle quattro ruote motrici, ognuna delle
quali sterzanti,
disponeva di ruote gemellate che assicuravano una notevole motricità su
qualsiasi
tipo di terreno.
Nel 1915 la General Motors Truck costruì un prototipo sperimentale di un
camion
4x4 da 2 tonnellate che non entrò in produzione prima della metà degli anni
Trenta, mentre due anni più tardi la Oshkosh Motor Company (azienda creata
da alcuni soci del Wisconsin Duplex e della FWD) realizzò un nuovo prototipo
di camion 4x4 battezzato Old Betsy. Questo veicolo, caratterizzato da un
innovativo
design, pneumatici speciali e differenziale centrale autobloccante, era
disponibile
nelle versioni da 1 a 3 tonnellate. Il modello di serie, chiamato Model
A, entrò in produzione nel 1918 e all’epoca rappresentava il più
avanzato camion
4x4 esistente al mondo.
Quattro anni dopo arriva sul mercato americano un’altra azienda
automobilistica,
la American Coleman di Littleton (Colorado), che produce il primo camion
4x4 nel 1925. Specializzata soprattutto in veicoli a trazione integrale
di grossaportata, la Coleman entrò nel mercato dei fuoristrada leggeri
nel 1947 con un
veicolo derivato da un Chevy trasformato in un 4x4; la produzione di
fuoristrada
cessò nel 1956 e nel 1986 la Coleman si ritirò dal mercato.
Anche la popolarissima Ford T ha avuto (1923) una versione a quattro ruote
motrici, realizzata grazie a uno speciale kit di trasformazione messo a
punto da
una piccola azienda americana.
Tra le aziende europee, una delle prime a scendere in campo nel settore del
trasporto pesante a trazione integrale fu la Citroen (da sempre
all’avanguardia
in fatto di tecnologie innovative in campo automobilistico) che, agli
inizi degli
anni Venti, realizza il semicingolato Kegresse. Questo veicolo, a metà
strada tra
un’automobile e un carro militare, era caratterizzato da una struttura
ibrida che
vedeva l’adozione di due grossi cingoli nel retrotreno abbinati ad un
tradizionale
avantreno a ruote sterzanti.
Dotato di una motricità impressionante in qualsiasi condizione
ambientale, il
semicingolato Kegresse si impone ben presto anche nel settore dell’avventura
portando a termine quattro importanti spedizioni che segneranno una
pietra miliare
nella storia dell’esplorazione automobilistica: dopo aver concluso la prima
traversata sahariana (1922-23), il fuoristrada della Citroen percorre
tutta l’Africa,
da Algeri fino al Madagascar (“crociera nera”, 1924-25), l’Asia Centrale
(“crociera
gialla”, 1931-32) e l’Alaska (“crociera bianca”, 1934).
Nel frattempo negli stessi anni in Francia è ancora la Renault a mettere
a punto
un progetto per un veicolo espressamente progettato per l’utilizzo in
fuoristrada,
battezzato Six 10 CV, che dopo aver superato brillantemente una serie di
severi test di collaudo viene avviato alla produzione di serie; anche in
questo caso si tratta di un mezzo particolare (ancora lontano dai
fuoristrada tradizionali),
dotato di tre assi sui quali veniva adottato lo schema di trazione 6x4
(sei ruote di
cui 4 motrici). Negli anni successivi (a partire dal 1923) viene
sviluppata un’ulteriore
versione, battezzata MH, che nelle intenzioni della Renault doveva
rappresentare
la risposta alla “crociera nera” della Citroen; per qualche tempo i camion
Renault a 3 assi, adeguatamente attrezzati per il deserto, portarono in
giro in
lungo e in largo per le piste sahariane i facoltosi viaggiatori
provenienti da ogni
angolo dell’Europa.
A poco a poco la tipologia dei veicoli a trazione integrale inizia a
diffondersi
anche in altri paesi europei e, tra questi, è soprattutto la Germania
(grazie anche
alla collaborazione con l’austriaca Steyer e la cecoslovacca Tatra) ad
acquisire velocemente
le tecnologie più avanzate dell’epoca.
Nel 1922 la Mercedes-Benz avvia la produzione di fuoristrada leggeri
destinati
alle forze armate con il modello Gelandewagen 1 (G1), allestito su un
telaio molto
robusto a tre assi di cui due motrici (4x6); seguirono diversi altri
modelli fino
all’abbandono della gamma con il G4, una versione 6x6 ancora più potente
prodotta
in una serie molto limitata (57 modelli in tutto) destinata ad alcuni
alti ufficiali
del III Reich tra cui lo stesso Hitler.
Della Mercedes G4 vennero realizzate due versioni: una a 6 ruote motrici
e una,
la più diffusa, con trazione solo sui due assi posteriori; lunga
complessivamente
5.4 metri, alta 1.8 e larga 1.89, la G4 era equipaggiata con un motore a
8 cilindri
in linea di 5.019 cc. che erogava una potenza massima di 100 CV a 3.400
giri, cambio
a 4 velocità e differenziali bloccabili. Per quanto riguarda le
prestazioni, la
Mercedes G4 a 3 assi si disimpegnava con una certa disinvoltura sui
percorsi offroad
non particolarmente impegnativi (grazie all’altezza minima da terra di 23.3
cm.), mentre su strada consentiva di raggiungere una velocità massima di
65 Kmh.
con un consumo di 4 km./lt. (3 Km./lt. in fuoristrada).
Tra i 4x4 leggeri, uno dei veicoli che meglio di qualunque altro
esprimeva la
sintesi della più alta tecnologia dell’epoca fu senz’altro la BMW Typ
325, un fuoristrada a cinque porte con carrozzeria torpedo (soft-top)
destinata soprattutto
ad un utilizzo militare.
Il progetto iniziale, avviato nell’ambito di una più ampia
pianificazione militare
tesa a dotare le truppe della Wehrmacht di un veicolo da trasporto agile e
veloce, venne battezzato con la sigla “le.gl.Einch.Pkw.(4x4)”, acronimo
della denominazione
completa “leichter gelandeganging Einheits Personenkraftwagen
4x4” (auto fuoristrada leggera standardizzata a quattro ruote motrici).
Realizzato
in collaborazione con un’altra azienda tedesca (Stoewer), il primo prototipo
venne presentato nel 1936 e l’anno dopo la BWM (coadiuvata da una terza
azienda, la Hanomag) iniziò la produzione di serie della 325 che in
circa tre anni
venne prodotta in oltre 3.200 unità.
Il propulsore adottato per tutte le versioni era un 6 cilindri in linea
(2.000 cc. 50
CV a 3.759 giri/min.) in grado di fornire prestazioni molto brillanti;
dal punto di vista
fuoristradistico la BMW 325 era equipaggiata, oltre alle quattro ruote
sterzanti
(il volante poteva agire, a scelta, su 2 o 4 ruote), di trazione
integrale permanente,
sospensioni a ruote indipendenti e tre differenziali bloccabili.
Gli elevati costi di produzione si tradussero purtroppo anche in un
prezzo assai
elevato necessario per acquistare una BMW 325 che alla fine degli anni
Trenta
veniva a costare 6.000 marchi (circa il doppio di una Kubelwagen, venduta a
2.782 DM); ciò provocò una progressiva flessione nelle forniture
all’esercito tedesco
che ben presto, soprattutto nel corso della motorizzazione delle truppe
impegnate
nell’invasione della Russia, iniziò a sostituire la 325 con la più economica
Kubelwagen fino a quando (1940) la produzione venne definitivamente
abbandonata.
Sempre nel 1937 ritorna alla ribalta della produzione di 4x4 ancora una
volta
la Mercedes con la realizzazione della 35 che, oltre a rappresentare il
primo veicolo
a quattro ruote motrici prodotto dalla stella a tre punte, era dotata di
4 ruote
sterzanti con comando idraulico. Questo dispositivo assicurava alla Mercedes
35 una sorprendente versatilità anche nei passaggi più impegnativi,
evenienza
piuttosto ricorrente nel corso delle operazioni belliche cui era
destinata; equipaggiata
con un propulsore a 4 cilindri (2.000 cc., 50 CV a 2.500 giri/min.),
raggiungeva
una velocità max di 80 Kmh.
Il fiore all’occhiello della produzione tedesca alla vigilia del secondo
conflitto
mondiale rimane comunque la mitica Kubelwagen, caratterizzata dalla stessa
meccanica che equipaggerà alcuni anni dopo il famoso Maggiolino e una
carrozzeria
particolarmente spigolosa (da cui la denominazione kubel=tinozza). La
prima versione è ancora a due ruote motrici, ma ben presto verrà
introdotto anche
un modello a trazione integrale, affiancato successivamente da una
trasformazione
anfibia, la Schwimmwagen; anche quest’ultima, con carrozzeria chiusa
(simile alla struttura di uno scafo) ed elica retraibile, era dotata di
trazione integrale
inseribile, due differenziali bloccabili e una prima marcia ridotta,
molto corta,
che consentiva di superare pendenze fino al 60%.
La Schwimmwagen era equipaggiata con il tradizionale motore VW di 1.131
cc (25 CV) che consentiva una velocità massima di 80 Kmh. su strada,
mentre in acqua
(in condizioni di calma piatta e senza correnti) poteva raggiungere i 10
Kmh.
Tra il 1942 e il 1945 la Volkswagen produsse tuttavia anche una serie
limitata di
4x4 con la tradizionale carrozzeria del Maggiolino; questo modello,
opportunamente
modificato anche nelle sospensioni e nell’adozione di grossi pneumatici
tassellati,
era siglato con il numero 87 e venne costruito in 564 esemplari.
Tra il 1949 e il 1944 viene allestita in Francia una versione a quattro
ruote motrici
della Bugatti, denominata Tripper SG6/41; questo veicolo, costruito in circa
1.000 esemplari, era equipaggiato con motore Opel a sei cilindri o con
motore
Tatra a otto cilindri (SG7).
Nello stesso periodo all’altro capo del mondo, sul fronte asiatico, la
Mitsubishi
metteva in cantiere la PX 33 (riproposta in una versione remake verso la
metà
degli anni Ottanta, su telaio e meccanica del Pajero).
Sul fronte americano intanto, proprio a causa delle difficoltà emerse
durante
la guerra nell’ambito della movimentazione delle truppe e del trasporto
pesante,
si rafforza l’esigenza di poter disporre di un veicolo a quattro ruote
motrici che,
oltre a spiccate doti di versatilità e robustezza, fosse caratterizzato
anche da un
peso particolarmente contenuto in grado di assicurare un’estrema mobilità su
qualsiasi tipo di percorso e, non ultimo, risultasse aviotrasportabile
con relativa facilità. Fino ad allora i veicoli a quattro ruote motrici
realizzati in America erano
rappresentati in massima parte da camion 4x4 e, nonostante l’avvio della
produzione
di alcuni marchi (famosi i camion GMC e Dodge 4x4 costruiti tra il 1934 e il
1939) destinati ad un grande avvenire nel settore della mobilità a
trazione integrale,
si avvertiva l’esigenza di poter disporre di un fuoristrada leggero.
A tale scopo venne bandito un concorso dallo Stato Maggiore dell’Esercito
Americano per la realizzazione di un progetto dal quale sarebbe
scaturito un veicolo
con queste caratteristiche. Numerose furono le aziende contattate (135), ma
solo tre risposero all’appello e tra queste risultò vincitrice la Willys
Overland Inc.
che, nel 1940, presenta il primo prototipo della Jeep (che entrerà
ufficialmente
in produzione nel 1941), denominato MB, che riscuote immediatamente un
clamoroso
successo in tutto il mondo con ben 637.747 esemplari prodotti (359.851
dalla Willis e 227.896 dalla Ford, su licenza). Circa l’origine del nome
vi sono diverse
ipotesi che ancora oggi non mettono d’accordo tutti gli appassionati, ma
la più accreditata sembra essere quella che fa risalire la parola jeep
alla contrazione
dei vocaboli “general” e “purpose”, GP (traducibile approssimativamente
come “per tutti gli scopi”) utilizzati all’epoca della presentazione del
veicolo.
La Jeep era caratterizzata da una meccanica molto semplice (motore a 4
cilindri
di 2.199 cc., in grado di sviluppare 60 CV a 4.000 giri) e da un’estrema
versatilità, dimostrata dal successivo sviluppo di versioni
semi-cingolate, 6x6, anfibie e
corazzate, oltre al prototipo a 4 ruote sterzanti.
La versione anfibia, battezzata “Seep” (Seagoing Jeep) venne sviluppata
dalla
Marmon Herrington Co. in collaborazione con l’allora affermato studio
nautico
Sparkman & Stephens; lunga 4.65 metri e larga 1.6, la Seep pesava 1.500 Kg.
(540 in più della normale Jeep), poteva superare una pendenza massima
del 45%
e raggiungeva una velocità di 80 Kmh. su strada (8 Kmh. in acqua). La
sua produzione,
avviata nel 1942, prevedeva la realizzazione di 12.778 esemplari, ma
venne sospesa l’anno successivo quando erano state costruite circa 6.000
macchine.
La notevole pianificazione di motorizzazione militare avviata dagli
Stati Uniti
si estese tuttavia anche nel settore della produzione dei truck di 3/4
tonnellate
a trazione integrale che nel 1942 portò alla nascita della Beep, nota
anche come
la “Gippona”. Realizzata dalla Dodge Division della Chrysler Corporation
che,
in collaborazione con la Ford, aveva presentato il prototipo di un truck
da 3/4
tonnellate, la Beep era disponibile in diversi allestimenti di
carrozzeria (torpedo,
station wagon, pick-up, ambulanza, autobotte, etc.) e, a partire dal
1943, venne
introdotto anche un modello 6x6 (portata una tonnellata e mezza).
Entrambe le versioni erano equipaggiate con un motore a 6 cilindri di 3.786
cc. in grado di sviluppare 92 CV a 3.200 giri, con cambio a 4 velocità,
sospensioni
a balestre longitudinali e freni a tamburo; l’adozione del riduttore era
invece disponibile
solo sulla versione 6x6. Per i vertici dell’esercito a stelle e strisce
venne
inoltre allestita una speciale versione della Beep, denominata “Truck
Command”,
munita di verricello anteriore e in grado di superare una pendenza
massima del
60%.
Nel periodo della Seconda Guerra Mondiale un altro veicolo che svolse un
ruolo
particolarmente significativo nella movimentazione delle truppe europee fu
la Steyr 1500, realizzata dall’austriaca Steyr (un’antica fabbrica di
armi, fondata
nel 1864, che iniziò la produzione di motori per l’aviazione durante il
primo conflitto
mondiale avviando la realizzazione dei primi autoveicoli nel 1920). La Steyr
1500, nata dopo la fusione aziendale con un altro marchio nazionale (Austro
Daimler Puch) avvenuta nel 1934, è una grossa torpedo a quattro ruote
motrici
ad 8 posti (V8, 3.517 cc.) prodotta in oltre 12.000 esemplari.
Con la fine della guerra il mito della Jeep non va in pensione, ma
continua a
diffondersi in tutto il mondo grazie alla produzione avviata su licenza
in diversi
paesi sudamericani (Argentina e Brasile), orientali (Giappone, India,
Corea e
Taiwan) e mediterranei (Spagna, Turchia, Egitto e Israele).
L’esigenza di poter disporre di un fuoristrada adeguato ai più disparati
impieghi
operativi nel corso delle operazioni militari legate alla Seconda Guerra
Mondiale veniva comunque avvertita anche dalle forze armate di quei
paesi che,
non allineandosi con alcun schieramento, si erano dichiarati neutrali.
Uno di questi
nella vecchia Europa era la tranquilla Svezia che, ritenendo forse non molto
credibile un simile atteggiamento in condizioni di disarmo, decise di
mostrare comunque
i muscoli anche nel settore della mobilità delle truppe avviando un progetto
destinato alla produzione di nuovi veicoli appositamente realizzati per
l’utilizzo
off-road.
Naturalmente fu la Volvo, la maggiore azienda nazionale, ad impostare una
nuova berlina a trazione integrale. Era il 1943 quando venne varato il
primo prototipo
della Volvo PV 801/802, entrata in produzione l’anno dopo e costruita fino
al 1946 in oltre 200 esemplari. Equipaggiata con un motore di 3.670 cc.
(6 cilindri,
86 CV), il fuoristrada della Volvo, pur assicurando prestazioni di tutto
rispetto,
evindenziò diverse lacune negli impieghi più gravosi, sia per l’eccessiva
lunghezza del passo che per alcuni problemi legati alla carburazione e
sistema di
lubrificazione che si manifestavano soprattutto in presenza di forti
pendenze.
Sempre nel 1943 apparve anche la Gaz 67, la prima autovettura russa
militare da
fuoristrada dalle modeste prestazioni e fortemente ispirata
(stilisticamente e meccanicamente)
alla Bantam; questo modello, utilizzato prevalentemente sul territorio
nazionale, verrà ulteriormente sviluppato dieci anni dopo (1953) con il
debutto
della Gaz 69, antesignana delle attuali Uaz attualmente ancora in
circolazione.
Il 17 luglio del 1945 la Willis è la prima azienda automobilistica
statunitense a presentare
il nuovo modello del dopo-guerra, riveduto e corretto per un utilizzo in
abiti civili.
Nasce così la Jeep “Universal” che viene posta in vendita al prezzo di
1.090 dollari,
affiancata a partire dal 1946 dalla prima station wagon a due porte
interamente
realizzata in carrozzeria metallica; nel 1947 sono oltre 100.000 le Jeep
civili
prodotte (ca. 25.000 quelle esportate nel mondo).
Negli stessi anni la Dodge lancia sul mercato americano la Power Wagon, uno
dei più famosi pick-up 4x4 mai apparsi negli Stati Uniti; entrata in
produzione
nel 1946, la Power Wagon verrà costruita in larga scala fino al 1971 pur
continuando
ad essere prodotta in una serie limitata fino al 1978.
Ancora pochi anni e, nel 1948, debutta sulla ribalta internazionale la
mitica
Land Rover che, continuando la tradizione avviata con la Jeep, presenta
una carrozzeria
decisamente innovativa per l’epoca interamente realizzata in alluminio
(l’acciaio industriale era stato quasi tutto assorbito dalla produzione
bellica); in
breve tempo la Land Rover si afferma in tutto il mondo, divenendo in
pochi anni
il simbolo della mobilità a motore in fuoristrada.
Il progetto “Land Rover” (land = terra e rover = vagabondo) venne
avviato all’inizio
del 1947 e i primi prototipi vennero allestiti a tempo di record nello
stesso
anno; non essendo ancora perfettamente messo a punto il telaio progettato
dalla Rover, venne utilizzato il telaio di una Jeep Willis sul quale
venne assemblata
la carrozzeria in alluminio e altre componenti prelevate dalle berline di
produzione Rover. Il motore era un quattro cilindri di 1.389 cc. in
grado di sviluppare
48 CV, mentre la trasmissione integrale permanente era abbinata ad un
tradizionale cambio stradale sul quale era montato un riduttore di nuova
progettazione. Superati i primi test di collaudo, la Rover approva la
delibera (il 4 settembre
del ‘47) per la realizzazione della prima preserie (50 veicoli) per
affrontare
l’ormai imminente esordio.
Il debutto ufficiale avviene il 30 aprile del 1948 presso i padiglioni
del Salone
dell’Automobile di Amsterdam, dove viene presentata la prima Land Rover 80,
così denominata in riferimento alla lunghezza del passo (80 pollici)
corrispondente
a 2,032 metri.
L’immediato successo riscosso fin dalla sua prima apparizione viene
inoltre ulteriormente
confermato dalle crescenti ordinazioni che arrivano ben presto da
ogni angolo del pianeta e la stessa famiglia reale ne subì il fascino.
Re Giorgio V,
dopo averla provata a lungo nei dintorni del castello di Balmoral,
ordinò diversi
esemplari per le varie residenze di corte e anche alcuni personaggi
della politica
restarono affascinati dal nuovo fuoristrada (famosa la foto del grande
statista
Winston Churchill immortalato, con il suo immancabile sigaro, al fianco
della
Land Rover).
L’azienda di Solihull venne ben presto subissata di ordinazioni e, per
evadere
la crescente mole di richieste, la Land Rover decise di avviare la
produzione su licenza
in numerosi paesi europei. Tra questi i più tempestivi furono il Belgio
(dove
la Land assunse il nome di Minerva), la Germania (che la mise in produzione
con il nome di Tempo) e la Spagna dove ancora oggi viene costruita con
il marchio
Santana.
Già nel 1956 la Land Rover veniva allestita in 30 nazioni diverse grazie
all’adozione
di numerose componenti che, abbinate a kit di montaggio preassemblati,
venivano importate direttamente dalla Gran Bretagna. Nel 1958 debutta la
II Serie, mentre la III Serie verrà introdotta nel 1971.
Pochi anni dopo il debutto della Land Rover si affaccia nel mondo del
fuoristrada
anche l’industria del Sol Levante quando, nel 1950, l’Esercito Americano
si rivolge alla Toyota per la realizzazione di un veicolo che fosse
particolarmente
resistente, forte e indistruttibile per i suoi soldati di stanza in
Giappone.
In realtà la Toyota aveva già avviato, nel corso della Seconda Guerra
Mondiale,
un progetto per la realizzazione di un veicolo 4x4 (1/4 tonn.)
battezzato AK-
10 che entrò in produzione solo a conclusione del conflitto.
Dopo la commessa statunitense i tecnici della Toyota si rimettono al
lavoro e
nell’arco di sei mesi fu allestito il primo modello BJ che, quattro anni
più tardi,
verrà commercializzato come Land Cruiser riscuotendo un grande successo in
ogni angolo del mondo (negli Stati Uniti arriverà nel 1958 con la sigla
FJ-25) rivelandosi,
soprattutto sulle piste sahariane, come la più temibile rivale della Land
Rover.
Va sottolineato inoltre che in quegli anni l’industria automobilistica
giapponese,
allineandosi ad un’esigenza del resto avvertita da molte case
costruttrici europee e americane, era molto più attenta alle richieste
provenienti dal settore
militare che non alle esigenze del mercato civile.
Non riuscì a sottrarsi a questa tendenza neanche la Nissan (nata nel 1933 a
Yokoama) che, proprio all’indomani della conclusione della Seconda Guerra
Mondiale, riceve dall’Esercito imperiale l’incarico di studiare un
fuoristrada simile
alla Jeep basandosi su alcuni esemplari sequestrati alle truppe
americane catturate
nel Pacifico. I vari progetti vennero tuttavia ben presto abbandonati, e
non solo nell’ambito delle 4x4, per cui la Nissan si dedicò
esclusivamente alla produzione
dell’autocarro 180 (avviata agli inizi degli anni Quaranta). Con l’avvento
degli anni Cinquanta inoltre iniziava a surriscaldarsi di nuovo la
situazione politica
in tutto l’Estremo Oriente e gli stessi Stati Uniti, presagendo il ruolo non
trascurabile delle forze armate nipponiche nelle turbolenze che si
stavano innescando
in Vietnam e Corea, premono nuovamente sulle case automobilistiche
giapponesi invitando la Nissan a rispolverare i progetti relativi alla
produzione
di 4x4.
Dopo una serie di prototipi realizzati sulla falsariga della Jeep, la
Nissan presenta
nel 1951 la Patrol 4WD 60 che, com’era prevedibile, ricordava molto da
vicino
la gloriosa fuoristrada americana del ‘41.
Nel panorama europeo la Renault lancia nel 1951 la Colorale Prairie, una
mastodontica
station-wagon 4x4 destinata sia al trasporto agricolo che alla
movimentazione
nelle colonie francesi africane. La notevole altezza minima da terra,
seppur penalizzando l’accesso nell’abitacolo, assicurava ottime
prestazioni nell’utilizzo
in fuoristrada ma il veicolo (allestito anche versione pick-up, con porta-
Nissan Patrol ta fino a 500 Kg.) ebbe uno scarso successo nelle vendite
a causa del prezzo elevato
e delle modeste prestazioni, lontane da quelle assicurate da Jeep e Land
Rover.
Agli inizi degli anni ‘50 finalmente anche la produzione italiana,
seppur tardivamente
dopo alcune esperienze nel settore dei camion militari, si cimenta nel
campo dei fuoristrada; sia l’Alfa Romeo Matta che la Fiat, infatti,
partecipano al
concorso indetto dal Ministero della Difesa per la realizzazione di un
veicolo militare
leggero e nascono così la Matta e la Campagnola.
L’Alfa Romeo Matta, così battezzata dall’ingegner Antonio Alessio, all’epoca
direttore generale dell’Alfa, per le sue eccezionali doti di robustezza
e l’estrema
versatilità evidenziata (fino ad allora inedita) nell’utilizzo off-road
di un veicolo,
era caratterizzata da un avantreno a ruote indipendenti e un tipo di
allestimento
che, seppur adattabile ad impieghi civili, rimaneva tuttavia
circoscritto in un
ambito prettamente militare. I primi studi iniziarono nel gennaio del
‘51 e già
nell’aprile dello stesso anno era pronto il primo prototipo per i
collaudi; il primo
modello di serie uscì dalle catene di montaggio di Napoli nel marzo del
‘52. L’Alfa
Romeo Matta, prodotta complessivamente in 2.200 esemplari prima di uscire
di produzione del ‘53, fu protagonista di un’importante spedizione
amazzonica
nel Mato Grosso e in un’edizione della Mille Miglia si concesse persino
il lusso di
battere una Fiat Campagnola.
Assai simili erano le caratteristiche tecniche della Fiat Campagnola D, il
cui debutto avviene alla Fiera del Levante di Bari del 1951 dove viene
presentato
il modello “D” con motore a benzina (1.901 cc., 19 CV, 100 Kmh.), da
cui deriva anche la versione militare denominata A.R. 51 (Autovettura
Ricognizione
1951); a partire dal ‘53 la Campagnola viene costruita anche nella
versione con motore diesel (1.901 cc., 40 CV, 85 Kmh.) e le successive
versioni
(A.R. 51 B, A.R. 55 e A.R. 59) resteranno in produzione fino al 1973: la
produzione
complessiva è stata di 39.076 veicoli, di cui 7.783 diesel.
Grande agitazione sul mercato tedesco nel 1954 quando tre grosse aziende
nazionali (Auto Union, Goliath e Porsche) presentano i prototipi per una
4x4 militare
destinata alla Bundeswehr (l’esercito tedesco). Il prototipo Goliath era
equipaggiato
con motore anteriore a due tempi a 3 cilindri (886 cc., 40 CV) e tre anni
dopo verrà riproposto con un motore a quattro tempi più potente (1.093
cc., 50
CV) e la trazione integrale abbinata alle marce ridotte. La Porsche
presenta un
prototipo dalla linea a cuneo molto moderna, equipaggiato con un motore
raffreddato
ad aria di 1.488 cc. (50 CV) e differenziale posteriore autobloccante; due
anni dopo esordisce un secondo prototipo Porsche 4x4 con motore di 1.582 cc.
Entrambi questi modelli furono scartati dai vertici della Bundeswehr che
preferirono
il terzo prototipo realizzato dalla Munga D.K.W., battezzato Munga in
riferimento alla corrispondente sigla dell’idioma tedesco “Mehrzweck
Universal
Gelandewagen mit Allradantrich” (veicolo universale da fuoristrada a quattro
ruote motrici).
Anche la Munga (analogamente al prototipo della Goliath) disponeva di un
propulsore a due tempi (3 cilindri in linea, raffreddato ad acqua) di
896 cc. in grado
di sviluppare 38 CV a 4.200 giri. Dotata di trazione integrale permanente e
marce ridotte, la Munga era disponibile solo nella versione con
carrozzeria aperta
e consentiva di superare una pendenza massima del 60%. Nel 1957 venne
introdotta
una versione leggermente più potente (40 CV), mentre tra il ‘54 e il ‘56
apparvero anche alcune versioni con motore da 980 cc. (44 CV).
Nonostante le prestazioni limitate e i consumi non proprio contenuti (17
lt./100 Km. in fuoristrada), la Munga riscosse un discreto successo
nelle commesse
militari e rimase in produzione fino al 1968 (oltre 50.000 gli esemplari
consegnati
alla Bundeswehr) registrando un certo numero di vendite (ca. 500 veicoli)
anche nella versione civile.
Negli stessi anni (1954), nella Corea del Sud, la Ssang-Yong avvia la
produzione di una 4x4 (costruita su licenza Jeep) destinata alle forze
armate.
Da segnalare nello stesso periodo l’entrata in produzione della GAZ 69,
un veicolo
russo con motore anteriore longitudinale (2.430 cc., 65 CV), disponibile sia
nella versione torpedo (4 porte, 5 posti) che nell’allestimento pick-up
(con cassonetto
posteriore e 8 posti); prodotta dal ‘52 alla fine degli anni Sessanta,
la Gaz
69 era destinata soprattutto per equipaggiare le forze armate del Patto
di Varsavia,
ma riscosse un discreto successo anche nell’impiego civile.
Nel ‘56, pur mantenendo lo stesso nome, assunse la denominazione ufficiale
di Uaz 69 fino a quando, uscita di produzione, venne sostituita dalla
Uaz 469 il
cui prototipo iniziale risale al 1961.
Sulla scena europea riappare intanto la svedese Volvo che, rispolverando il
progetto della PV 801/802 che aveva esordito dieci anni prima, lancia
sul mercato
delle 4x4 militari la nuova TP 21. Questo modello, seppur derivato dalla
precedente
versione, presenta tuttavia numerose innovazioni tecnologiche che
avrebbero dovuto eliminare i difetti della prima Volvo a trazione
integrale. La
nuova TP 21, oltre al passo accorciato e ad una maggiore altezza minima
da terra
(ulteriormente esaltata dall’adozione di ruote maggiorate), presenta anche
una carrozzeria più contenuta nelle dimensioni, ma sempre a 4 posti, e
un motore
leggermente incrementato nella potenza (da 86 a 90 CV). Inedito anche il
nuovo frontale che non contribuisce comunque ad alleggerire le linee
molto dure
e squadrate del veicolo (i connazionali continuano a chiamarlo “sugga”, che
in svedese significa “scrofa”, per
via del lungo muso). La Volvo TP
21 venne prodotta tra il 1953 e il
1958 in 720 esemplari nel suo allestimento
base, oltre a numerose
altre versioni introdotte negli anni
successivi. Tra queste ricordiamo
la Volvo P 2104 Special (a 7 posti,
presentata nel 1954 e rimasta
solo allo stadio di prototipo) e la
Volvo 6x6 P 2204/TL 22, prodotta
in 857 esemplari tra il 1954 e il
1958.
Lo scarso successo nelle vendite,
nonostante l’elevato standard
qualitativo sempre all’altezza della
Volvo e l’affidabilità nelle prestazioni,
è riconducibile essenzialmente
a motivi politici dovuti proprio
alla condizione di neutralità
della Svezia. I contrapposti blocchi militari che si stavano formando in
Europa infatti
(da un lato la Nato e dall’altro il Patto di Varsavia), tendevano a
dotare i propri eserciti con veicoli già ampiamente collaudati
(soprattutto Jeep, Land Rover
e Gaz), mentre per esigenze di trasporto più pesanti erano disponibili
sul mercato
dell’usato i robusti e mastodontici Dodge americani, “reduci” della Seconda
Guerra Mondiale e molto accessibili nel prezzo.
L’ultima versione fu la 4x4 L 2034, nota come “Valpen” (“cucciolo”), che
decretò
la definitiva uscita di scena della Volvo dal settore dei fuoristrada.
A proposito dei veicoli americani è proprio la Dodge a lanciare nel 1957 un
nuovo camioncino 4x4, equipaggiato con motore a 8 cilindri, affiancato
ben presto
da alcune versioni espressamente realizzate per l’uso civile (Town Wagon e
Town Panel); nello stesso anno la Chevrolet lancia lo Chevy 3100, un
altro pickup
4x4 destinato a riscuotere un grande successo sul mercato americano.
Un altra tappa significativa del fuoristrada americano porta la firma
della Ford
che, nel 1959, lancia sul mercato due nuovi modelli di pick-up 4x4,
l’F-100 e l’F-
250, entrambi destinati a svolgere negli anni successivi un ruolo
fondamentale
nella storia dell’off-road a stelle e strisce.
Nella prima metà degli anni Cinquanta si afferma inoltre, per un breve
periodo,
anche la Austin Champ prodotta dalla British Motor Corporation; dopo la
realizzazione dei primi prototipi, debuttano una versione civile (1952)
e una militare
(1953), ma dopo alcuni anni la produzione viene abbandonata nel 1956.
Maggiore fortuna ebbe invece un’altra interessante 4x4 di origine americana,
la M 422, anch’essa destinata alle forze armate impegnate sul fronte
vietnamita.
Nota come la “Jeep dei Marines” e affettuosamente ribattezzata “Mighty Mite”
(piccola forzuta), la M 422 nasce dall’esigenza di equipaggiare il corpo
dei Marines
con un nuovo veicolo che fosse particolarmente adatto alle operazioni
militari
nella giungla. Il primi prototipi vennero realizzati nel 1953 dalla Mid
America
Research Corporation, equipaggiati con motore Porsche raffreddato ad aria a
4 cilindri (44 CV), con cambio a tre marce e trazione integrale permanente.
Dopo una lunga serie di collaudi, nel 1959, inizia la produzione di
serie da parte
dell’American Motors e la M 422 viene equipaggiata con un motore progettato
e costruito dalla Casa americana (un 4 cilindri a V interamente
realizzato in
alluminio e raffreddato ad aria), con trazione anteriore inseribile. La
Mighty Mite,
costruita in circa 4.000 esemplari, rimane in produzione fino al 1963.
Chiudono la panoramica dei principali fuoristrada europei degli anni
Cinquanta
la Gipsy della Austin e l’Halflinger dell’austriaca Steyr. Caratterizzata da
una linea compatta e abbastanza originale nel frontale, la Gipsy
introduce nel
1958 la novità delle sospensioni a quattro ruote indipendenti abbinate
per la prima
volta a dei silent-block di gomma; equipaggiata con cambio a 4 velocità
e trazione
anteriore inseribile, era disponibile sia nella versione a benzina
(2.199 cc.,
62 CV) che a gasolio (2.178 cc., 55 CV). La Gipsy venne sostituita dalla
Austin della
II Serie nel 1960 (MK II, 72 CV), affiancata anche dalla versione a
passo lungo.
Dal 1958 al 1968 la Gipsy venne prodotta in oltre 17.000 unità e un
numero limitato
di esemplari venne importato anche in Italia.
L’Halflinger della Steyr debutta nello stesso anno della Gipsy e, pur
discostandosi dalla tradizionale tipologia dei fuoristrada più diffusi,
riscuote un certo
successo grazie alla carreggiata ad ampiezza limitata (largo 1.35 mt.)
che la rendevano
particolarmente adatta per un utilizzo lungo le mulattiere alpine.
Equipaggiata
con un motore bicilindrico raddreddato ad aria di 643 cc. (22 CV a 4.500
giri, 75 Kmh.), era dotata di trazione anteriore inseribile, bloccaggio
dei differenziali
e nell’utilizzo in fuoristrada superava pendenze massime del 65%.
Tra le proposte originali apparse sul mercato dei veicoli a trazione
integrale,
ed in particolar modo delle piccole vetture derivate dalla produzione di
serie, va
segnalato il debutto nel 1958 della Citroen 2 CV a quattro ruote motrici.
Strettamente derivata dalla 2 CV
di serie, la versione 4x4 della storica
utilitaria francese, battezzata
“Sahara”, era caratterizzata dall’adozione
di due motori raffreddati
ad aria di 425 cc. (13.5 CV a 4.500 giri),
sempre derivanti dal modello di
serie, montati sull’avantreno anteriore
e su quello posteriore; la velocità
massima raggiungibile sfiorava
i 100 Kmh., mentre la pendenza
massima superabile si aggirava attorno
al 45%.
Negli anni Sessanta (mentre in Romania la Aro avvia la produzione di una
4x4,
denominata M 461, analoga alla Gaz 69) anche la Ford torna in prima
linea nel settore delle auto a quattro ruote
motrici, con la Mutt M 151, un fuoristrada
equipaggaiato con un propulsore
a quattro cilindri (2.319 cc.) in
grado di sviluppare 71 CV a 4.000 giri
al minuto.
Esaurite le vicende nel corso del
secondo conflitto mondiale, l’esercito
americano si ritrova di nuovo al
fronte (dopo circa cinque anni) nella
guerra di Corea. La Jeep, fino ad allora
leader indiscussa della mobilità militare a stelle e strisce, inizia a
dimostrare
i primi acciacchi per cui l’U.S. Army avverte l’esigenza di poter
disporre di un nuovo
veicolo nel settore dei mezzi per supporto tattico.
Nel 1951 la Ford riceve la commessa per lo studio di una nuova vettura
che, oltre
ad esprimere migliori prestazioni, potesse anche candidarsi ad erede della
Jeep.
Il primo prototipo viene presentato nel 1952 ma, dopo lunghi quanto
interminabili
collaudi, la produzione di serie della M 151 viene avviata solo nel 1959.
Il nome Mutt deriva dalla sigla Military Utility Tactical Truck (veicolo
militare per
impiego tattico) e il battesimo di fuoco avverrà poco dopo nel corso
delle prime
avvisaglie della guerra in Vietnam.
Nel 1964, dopo 35.000 veicoli prodotti, debutta la versione M 151 A1 (ca.
100.000 esemplari) rafforzata nelle sospensioni posteriori e dotata di
un kit per
l’impiego nelle regioni polari. Equipaggiata con un motore a 4 cilindri
di 2.319
cc. (71 CV a 4.000 giri), la M 151 era dotata di un cambio a tre marce
abbinato ad
un “primino” per l’utilizzo in fuoristrada, mentre l’inserimento della
trazione anteriore
poteva effettuarsi anche in marcia; le prestazioni su strada consentivano
una velocità massima di 106 Kmh., con una pendenza massima superabile del
60%. L’ultima versione ulteriormente rimaneggiata (Mutt 151 A2)
esordisce il 26
gennaio del 1970.
Contemporaneamente alla produzione della M 151 realizzata dalla Ford, nel
1959 la American Motor Corporation lancia, come già ricordato, sul
mercato la
“Mighty Mite” conosciuta con la sigla M 422.
Costata alla A.M.C. cinque lunghi anni di studio per lo sviluppo del
prototipo,
la Mighty Mite era destinata soprattutto alle truppe aviotrasportate e
da sbarco;
il motore a 4 cilindri raffreddato ad aria (1.775 cc., 55 CV a 3.600
giri) era dotato
di cambio a 3 marce più il classico “primino”, mentre la velocità
massima raggiungibile
era di 96 Kmh.
Nel 1961 la Renault lancia sul mercato la R4, una piccola vettura destinata
a restare nella storia dell’automobile che verrà prodotta fino al 1993,
conquistando
un ruolo di rilievo (assieme alla Mini e alla 2CV della Citroen) nella
nicchia delle auto “evergreen”. La Renault 4 inoltre ebbe anche un
discreto successo nell’ambito del fuoristrada
grazie alla trasformazione della Sinpar, un’azienda francese
specializzata nella
trasformazione di veicoli di serie che elaborò diverse versioni a
quattro ruote
motrici. La prima Renault 4 Sinpar 4x4 esordì nel 1966 in versione
pick-up, riscuotendo
ottimi risultati nel Rally des Cimes nonostante le modeste prestazioni
assicurate
dal suo propulsore di soli 850 cc.; le principali modifiche realizzate dalla
Sinpar riguardavano l’adozione di una scatola di rinvio collocata
anteriormente al
cambio originale, un dispositivo per l’innesto della trazione integrale
sul cruscotto,
un nuovo retrotreno e una serie di modifiche estese alle sospensioni, al
serbatoio
di carburante e alla ruota di scorta.
Sempre nel 1961 un’azienda americana, la International Harvester, scuote il
panorama mondiale della produzione di 4x4 con la presentazione della Scout,
un fuoristrada che per la prima volta offre qualcosa (un minimo di
comfort) che
nessun veicolo off-road aveva finora preso in considerazione.
L’arrivo sul mercato dell’International Scout rappresentò inoltre uno
dei maggiori
incentivi per lo sviluppo del Bronco da parte della Ford e, probabilmente,
svolse un ruolo determinante anche nella gestazione del Blazer e della
Range Rover.
Successivamente la Scout riscosse un notevole successo per molti anni grazie
anche all’introduzione di nuove versioni (come la Scout 80 del ‘64) fino
a quando,
nel 1980, uscì definitivamente di produzione in seguito ad una serie di
vicissitudini
aziendali.
Sempre nel 1961 la Ferguson (un’azienda inglese di Coventry specializzata
nella produzione di organi di trasmissione) realizza un prototipo a
quattro ruote motrici (una station-wagon carrozzata da Michelotti)
decisamente originale e
all’avanguardia per l’epoca. Equipaggiata con un motore boxer a quattro
cilindri
(2.200 cc., 100 CV) la Ferguson SW 4WD disponeva di trazione integrale
permanente,
cambio automatico e dispositivo di bloccaggio di frenata. Questo veicolo
non entrò in produzione, ma diversi elementi della sua innovativa tecnologia
vennero adottati qualche anno più tardi (1966) sulla Jensen Interceptor FF
(equipaggiata con motore Chrysler) che rimase in produzione fino al 1971.
Verso la fine del 1961 approda in America la Nissan Patrol che, grazie
alle sue
qualità di robustezza e affidabilità, ebbe un buon impatto nel mercato
americano
riscuotendo un discreto successo nelle vendite.
Con la presentazione del Ford Bronco, il cui debutto risale alla fine
del 1965,
il settore dei veicoli ricreazionali leggeri a quattro ruote motrici
subisce una radicale
trasformazione d’immagine che, inevitabilmente, si tradusse anche in una
più massiva penetrazione di mercato.
Il Bronco non era esattamente un camioncino simile a quelli fino ad
allora apparsi
sul mercato, né rientrava nella tradizionale tipologia delle station-wagon.
La sua peculiarità essenziale era quella di sintetizzare al meglio le
caratteristiche
di entrambe le categorie, estendendone inoltre la versatilità d’utilizzo
grazie all’adozione
delle quattro ruote motrici. Quando appare la versione successiva
equipaggiata con un motore V8, agli inizi del 1966, il Bronco è il primo
fuoristrada
americano a montare un simile propulsore su una 4x4 compatta; una nuova
versione a 6 cilindri viene introdotta nel 1966 e nel 1977 questo
modello esce
di produzione.
Nel 1967 la Jeep lancia sul mercato la famosa Commando, un fuoristrada
completamente
diverso nell’impostazione rispetto ai tradizionali modelli della Casa
americana. Lunga 4.43 metri, la Commando monta un motore V6 di 3.802 cc.
(100
CV a 3.600 giri) e viene allestita con carrozzeria station-wagon a 2
porte con tetto
rigido asportabile.
L’anno dopo debuttano sul mercato italiano la Ranger, una piccola vettura a
quattro ruote motrici su meccanica Fiat 600 (presentata già nel ‘66 al
Salone di
Torino nella versione a due ruote motrici), e la Yeti; quest’ultima,
allestita su meccanica
Fiat 850, rimase però confinata alla fase di prototipo nonostante le sue
interessanti
caratteristiche tecniche (quattro ruote motrici e sterzanti).
Sul finire degli anni Sessanta esordisce in Giappone un altro
fuoristrada destinato
a fare epoca quando la Suzuki avvia il progetto per una 4x4 leggera
riservato
al mercato interno delle vetture di piccola cilindrata.
Era il 1968 e la Suzuki, dopo una serie di prototipi destinati a mettere
a punto
le caratteristiche del nuovo veicolo, avvia la produzione di una
limitata preserie
della Jimny. Questo veicolo, estremamente leggero (600 Kg.) e compatto
nelle dimensioni (il passo misurava appena 1.93 mt.) e dotato di una
straordinaria
maneggevolezza, era inoltre estremamente semplice dal punto di vista
meccanico.
Il motore a due tempi, raffreddato ad aria, era un bicilindrico di 360
cc. in grado di sviluppare 25
CV consentendo al
veicolo una velocità
massima di circa 80
Kmh.
Anche la carrozzeria,
seppur ispirata
nelle linee essenziali
a quella della Jeep,
era molto semplice e
spartana con le portiere
in tela e il vetro
anteriore ribaltabile
anterior-mente sul
cofano motore.
Per limitare al
massimo gli ingombri
esterni vi erano
inoltre solo tre posti
poiché, a lato del sedile posteriore, era stata inserita la ruota di
scorta. La Suzuki
Jimny entrerà regolarmente in produzione in tutto il Giappone a partire
dal 1970
(con la siglia LJ 10), divenendo in pochi anni uno dei più diffusi 4x4
nel settore
dei fuoristrada leggeri.
Quattro anni dopo viene lanciata sul mercato australiano la nuova
versone (LJ
50) con un motore maggiorato (540 cc.) a 3 cilindri. Nel 1977 debutta
sul mercato
nazionale la LJ 80 (800 cc., 4 cilindri) che, l’anno successivo,
rappresenta la prima
Suzuki 4x4 esportata in Europa.
Nel 1969, prima dell’avvento sul mercato della Range Rover, la General
Motors
lancia il glorioso Blazer realizzato (come già ricordato) sulla scia
delle innovazioni
stilistiche e d’utilizzo introdotte dall’International Scout e dal Ford
Bronco,
spingendosi ancora oltre in quanto a design e tecnologia. Decisamente
più grande
nelle dimensioni sia della Scout che del Bronco, il Blazer nasce come un
camion
fuoristrada di mezza tonnellata ed ha il suo asso nella manica nella
soluzione fornita
del tettuccio amovibile che, una volta montato sul veicolo, lo
trasformava in
una comfortevole station-wagon.
[pausa caffè]
--
Diego *Nerone*
Diego *Nerone*